Quando ero piccolino c’era una zitella piuttosto anziana e timorata di Dio che diceva che l’acqua della fonte su al maggengo fosse miracolosa: teneva lontano i malanni fisici e secondo lei anche i misteri occulti e diabolici. Ricordo che molta altra gente sosteneva la prima tesi e ancora oggi c’è qualcuno che sale sin lassù per riempire un po’ di bottiglie per poter bere quell’acqua magica e fresca anche a casa.
Non so chi sono le donne, ritratte nella tela a olio di mio padre che ho usato in questo post, impegnate a fare il bucato e a stendere panni. Molto probabilmente è gente che conosco. Potrebbero essere mia sorella e mia cugina. Magari potrebbero essere mia madre e mia zia. Non lo so non certezza, ma sono sicuramente persone che conosco o che ho conosciuto.
È un’immagine tipica di un bel po’ di decadi fa dopotutto. Quando il mese di agosto era trascorso nella baita su al maggengo alla ricerca di un pochino di frescura contro l‘afa estiva, che non scherzava neppure allora.
In quel periodo non c’era ancora l’acquedotto che portava l’acqua dentro la baita e bisognava fare la spola con dei secchi sino alla fonte ritratta, per tutte le necessità domestiche.
La fonte era il centro della vita, nel vero senso della parola.
Le due vasche, una delle quali interrata, erano essenziali. Una era una deviazione della vasca principale e veniva usata per fare il bucato e per lavarsi e magari c‘era sempre qualche traccia di sapone e non sempre l‘acqua era limpida.
L’altra invece era acqua da bere e per fare tutte le altre cose miracolose. Aveva un getto potente e continuo che scorgava dalla terra e quando pioveva più del solito l’acqua trasbordava e per noi bambini era un’impresa cercare di riempire un secchio senza farsi una doccia Ma andava bene lo stesso. Ci si divertiva anche nel fare una doccia inopportuna, specialmente con quell’ acqua fredda e miracolosa.
E se a certi orari del giorno il pozzo era occupato dalle mucche che si abbeveravano, forse qualcosa di magico aveva davvero. Anche soltanto per i ricordi che tramanda. Come quando trattenevamo il respiro per vedere sino a quanto eravamo capaci di resistere con la testa sott’acqua e anche quando il respiro era da trattenere per il brivido freddo che saliva sulla schiena quando ti lavavi.
C’era sempre un po’ di frescura attorno alla fonte, anche nelle giornate più torride di agosto.
Adesso non so se quell'acqua è davvero miracolosa, la zitella che balbettando lo sosteneva non c'è più da tanto tempo e visto che il suo spirito, come potete leggere, aleggia ancora...
“Grazie per la lettura”
Immagine - “Bucato alla fonte” di Nino di Mei
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