sabato 3 ottobre 2020

Poker, Binda e altri animali

Nino di Mei
Sulla strada provinciale in queste ultime settimane è comparsa una malga di mucche, dopo la transumanza da un alpeggio estivo immagino. Se ne stanno lì a brucare sui prati l'ultima erba della stagione e nel frattempo guardano le auto passare in strada. Mi hanno ricordato Poker, Binda e altri animali... 


La mia nonna paterna, da quello che ricordo, ha sempre avuto delle mucche, ance se soltanto una alla volta. Quelle che ho conosciuto io si chiamavano Poker e Binda. Facile capire da dove arrivasse il nome, difficile capire chi glielo avesse affibbiato. 

La mia nonna viveva per queste mucche e per lo stile di vita che le imponevano e quando non ha più potuto allevarle non c'ha messo molto a morire. 

Ricordo che ogni tanto io e i miei cugini le davamo una mano. Una volta nella raccolta del fieno. Una volta in latteria a fare il formaggio. 

Magari aiutavamo la nonna anche nella transumanza durante i vari periodi dell'anno. 

Dalla fine delle primavera all'inizio dell'autunno le mucche stavano su all'alpeggio. Stavano all’aperto anche la notte, bisognava solo ricordarsi di mungerle. Negli altri periodi dell'anno tuttavia dovevano scendere dapprima ai maggenghi e poi venivano condotte nelle stalle alla periferia del paese. 


Nino di Mei
C'era tanto da fare per allevare una mucca. Bisognava avere sempre il foraggio a disposizione d'inverno e poi la mucche andavano abbeverate due volte al giorno, e andavano munte e bisognava trattarle bene. Bisognava pulire la stalla e anche spazzolarle per bene. 

Le stalle dove stavano le mucche avevano sempre un bel tepore, anche nelle giornate più fredde d’inverno. Credo di aver visto con loro anche dei vitellini in un paio di occasioni, ma la mia nonna non poteva permettersi due mucche nello stesso momento e perciò i vitellini li vendeva appena svezzati. 

Ora, Poker e Binda sono le mucche che ricordo io. Erano riconoscibili per il suono del campanaccio che avevano al collo. 


Nino di Mei
Ma ci sono altri animali che hanno accompagnato la mia vita, all’ultimo che mi ha accompagnato ho dedicato il romanzo Il gatto che sognava di essere un delfino, ma ho avuto anche altri gatti (Giacomo e Gatta), ho avuto un cane (Black) ho avuto un canarino, e con la mia nonna avevo sempre la possibilità di vedere capre, pecore, conigli, galline, tacchini. 

Ho sempre fatto amicizia anche con i cani che incontravo per strada liberi da vincoli e anche con quei cani che abbaiano sempre quando sono legati a una catena. 

Tuttavia questa è un’altra storia, buona per un’altra occasione. 



“Grazie per la lettura”

2 commenti:

  1. Il tuo è un racconto suggestivo, che per contrasto mi fa pensare a quanto succede negli allevamenti intensivi. Un tempo chi aveva gli animali li curava, ci viveva insieme. Anche quando li uccideva, c'era dignità nella loro vita e nella loro morte. Bisognerebbe fare un sano passo indietro, per andare avanti.

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    1. Dalle mie parti ci sono ancora allevatori che chiamano le mucche per nome

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