Ho sempre amato inventare storie. Ho sempre amato usare l’immaginazione, sin dai tempi delle scuole medie quando guardavo fuori dalla finestra durante le lezioni per pensare ad altro. Ho sempre saputo inconsciamente che in un futuro avrei scritto ma credo ci sia davvero un momento in cui ho deciso di diventare scrittore.
Tra i diciotto e i ventidue anni ho vissuto quasi come un divo. Dico sul serio. Benché lavorassi come operaio e non fossi molto contento di quella occupazione devo dire che la mia vita sociale era piena di successi di ogni tipo. Ero corteggiatissimo e amatissimo dalla ragazze e non ero mai solo. Aspettavo il fine settimana come Travolta in La febbre del sabato sera per dirla in maniera banale. Le discoteche erano il mio mondo.
Ero invitato alle feste e ce n’era sempre qualche ragazza che si innamorava e che voleva conoscermi e spesso me le trovavo sulla porta di casa e quasi ogni settimana ce n'era qualcuno che mi scriveva una lettera o mi pensava con una cartolina. Devo avere ancora da parte tutta quella corrispondenza.
A Milano, in quel periodo, fui anche contattato da un’agenzia per provare a fare dei fotoromanzi, ma ci rinunciai quando qualcuno mi fece capire che la persona che mi voleva, un signore attempato e viscido, in realtà mi desiderava sopratutto sessualmente.
Scrivevo ma non tutto mi era chiaro, visto che anche la musica mi prendeva molto. In ogni caso mi pareva di avere il mondo ai miei piedi.
Poi una sera di settembre fui vittima di un incidente automobilistico e tutto cambiò.
Nel giro di sei mesi superai i problemi fisici ma per quelli psicologici ci vollero dieci anni. In quei sei mesi che mi servirono per cancellare i lividi dal viso, per far ricrescere i capelli rapati per il trauma cranico e per ricominciare a fare una vita normale, sparirono tutti.
Sparirono le ragazze che mi amavano, sparirono quelli che consideravo amici, ma soprattutto mi trovai di fronte a un problema esistenziale che non avevo mai incontrato prima di allora.
L’ipotesi che fosse sufficiente un istante per far finire tutto mi spinse a fare valutazioni diverse e molto più interiori sulla mia vita.
Capii che un certo tipo di successo, superficiale ed effimero non sarebbe stato di nessuna utilità per la mia felicità e mi resi conto di aver bisogno di un qualcosa di veramente profondo e intuii che la scrittura poteva aiutarmi ad esorcizzare tutte le mie paure.
È questo che mi ha spinto a scrivere nel vero senso della parola. E da allora non ho più smesso. Sebbene abbia dovuto fare molti sacrifici non ho più rinunciato a scrivere. È questo che ancora adesso ogni giorno mi fa vivere e mi dà la certezza che non sia inutile quello che sto facendo, almeno per me.
“Grazie per la lettura”
Saranno stati mesi molto duri, certo è un bel trauma essere consapevoli di aver rischiato la vita e portarsi appresso per mesi le conseguenze fisiche e psicologiche di quell'evento.
RispondiEliminaL'importante però è averlo trasformato nel punto di partenza di un nuovo approccio alla vita in cui tale esperienza è diventata una forza interiore per affrontare meglio i piccoli e grandi problemi del quotidiano.
Senza dubbio, tirar fuori il positivo anche da una brutta situazione è sempre il miglior modo di fare.
EliminaQuasi sempre, dietro le persone, c'è una storia che non si conosce. Questo post ne è la prova. Commovente
RispondiEliminaGrazie Ernesto
EliminaÈ un post molto bello ,perché hai condiviso una tua storia personale, che fa riflettere
RispondiEliminaGrazie Ferruccio
Grazie mille Anna
EliminaEppure nonostante le tue sofferenze di cui ne scrivi apertamente oggi ... ti ho sempre percepito come "persona" che è qui per insegnarci molto.Penso che in qualche modo tu sia stato chiamato in una "causa" più grande .Credo che sentirsi in diritto di sapere chi siamo senza conoscerci in profondità sia un errore frequente in cui incorriamo spesso .Ecco anche questo dovrebbe essere un insegnamento di vita.
RispondiEliminaIn abbraccio!
Grazie mille
EliminaUn'esperienza dura, che però ti ha lasciato qualcosa di importante. Quanto al successo con le ragazze, vedendo la foto non mi meraviglio.
RispondiEliminaUn rimasuglio di fascino è rimasto ancora :-D
EliminaLa risposta a perché si scrive o perché, ancor più potente, perché sentiamo il bisogno di ascoltare storie non ha una risposta definitiva. Però ho come l'impressione che serva a esorcizzare il pensiero della morte, lo dico sempre a chi me lo chiede, tralasciando le menate dei demoni interiori o del fatto che aiuti a rimorchiare o perché fa figo. Alla fine di un corso dissi a dei ragazzi che s'erano un po'persi per strada proprio questo concetto. E lo fece dicendo: "Anche sotto le bombe, una mamma che racconta e un bambino che ascolta sono immortali"
RispondiEliminaCredo d vederla allo stesso modo!
EliminaÈ un classico: ti stanno tutti attorno quando le cose vanno bene, ma appena hai dei problemi, spariscono tutti.
RispondiEliminaMi è capitato, anche se in altri contesti e non di quella gravità.
Molto vero quello che dici, anche se in maniera dolorosa quella situazione mi ha aiutato ha capire, un po' alla volta, quello che mi rendeva davvero felice
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