All'inizio degli anni novanta partecipai a un concorso letterario. Inviai per posta un paio di racconti e naturalmente pagai un bollettino per partecipare.
La rete non era ancora diffusa e un concorso del genere pareva molto serio e soprattutto valido per chi desiderava farsi conoscere come il sottoscritto.
Pagai la partecipazione in lire e spesi diecimila lire per ogni racconto inviato, Ne inviai tre e aspettai i risultati.
Non vinsi nessun premio ma dopo qualche mese mi arrivò una missiva dal comitato organizzatore in cui mi veniva detto che uno dei miei racconti era stato selezionato perché meritava di finire in un’antologia: insomma un sacco di complimenti e belle parole.
Rimasi di stucco. Pensai che nonostante lutto il mio lavoro era stato notato e non mi importò per niente quella clausola che diceva che la pubblicazione, se accettavo, mi sarebbe costata quasi centocinquanta mila lire.
Allora non sapevo nulla di editoria a pagamento e di truffe. Pensavo di aver inviato un racconto valido e pensavo di meritarmi la pubblicazione e accettai e pagai in posta il bollettino con al cifra richiesta.
Dopo qualche mese mi arrivò a casa un libro antologico. Sul momento fui molto contento. Per uno scrittore alle prime armi finire in un antologia non era male, anche se il libro si presentava male e avesse molti aspetti dozzinali (copertina ridicole, font di scrittura usato, la presenza di refusi).
Poi però mi sono fatto delle domande più mirate. L’antologia conteneva un centinaio di racconti. A prima vista conteneva tutti racconti che non erano stati premiati. Forse erano stati invitati a partecipare tutti coloro che avevano inviato un racconto per il concorso.
Facendo qualche conto della serva, capii che gli organizzatori avevano guadagnato un bel po’ di soldini da quell'iniziativa e da qual momento in avanti ho iniziato a farmi molte domande attorno all'editoria a pagamento e a tutto quello che ci ruota intorno.
Ma come spesso accade certe esperienze bisogna viverle per conoscerle davvero…
“Grazie per la lettura”
P. S. - Questo post mi è stato ispirato dalla lettura dell’articolo letto ieri su Penna Blu, articolo dal titolo Per pubblicare con una casa editrice bisogna essere raccomandati.
Ne ho letti diversi di tuoi racconti in antologia, ma lo sai
RispondiEliminaAlessia
Lo so Alessia, grazie
EliminaCome ti ho scritto in un commento l'esperienza insegna anche se spesso ti lascia amareggiato. Importante è riflettere, capire e non rifare gli stessi errori.
RispondiEliminaVado a leggere Penna blu ma prima ti lascio il mio augurio di un buon fine settimana con abbraccio.
All'inizio ero fiero, non avevo capito che mi stavano prendendo in giro
EliminaBuon fine settimana a te e grazie
In quel periodo credo non si sentisse parlare molto di editoria a pagamento, perciò era più facile fare scelte poco azzeccate.
RispondiEliminaNon ne sapevo molto infatti e non se ne parlava neppure, forse sono stato tra i primi a capitarci dentro
EliminaGrazie Grazia
Centocinquantamila lire non gliele avrei mai date, anche perché all'epoca non avevo quei soldi e comunque erano un bel gruzzolo per un tirchio come me :D
RispondiEliminaSi sono fatti circa 15 milioni di lire i furbi, e la pubblicazione gli sarà costata forse un paio di milioni.
Esiste ancora quella casa editrice?
No, non credo, più che altro mi feci infinocchiare da chi aveva organizzato il concorso letterario. Ma è successo ancora prima che ci fosse la rete. Forse trovai il bando su qualche quotidiano. Nulla di male, ho aperto gli occhi su certe dinamiche.
EliminaGrazie Daniele