----- Quarantesimo Capitolo -----
Il mattino successivo trovai l’auto con le quattro gomme tagliate. Non potei muoverla. Sulla lamiera della fiancata destra c’era una scritta volgare fatta con un oggetto appuntito, forse un cacciavite, e tutti i copriruota erano spariti. Ne trovai uno piegato in due nel prato sottostante l’area di parcheggio. I tergicristalli erano stati strappati e gli specchietti retrovisori penzolavano lungo le portiere.
Chiamai subito Loredana e le spiegai la situazione. Mi spiacque non poterla accompagnare in ospedale. O forse mi spiacque non poterla vedere come desideravo. Avevo pensato a lei tutta la notte e aveva pensato a come sarebbe stato bello e dolce rivederla quella mattina.
Poi feci il numero del maresciallo dei carabinieri. Non avevo dubbi sul fatto che qualcuno mi avesse preso di mira e speravo mi aiutasse. Aspettai che arrivasse con i suoi uomini e intanto chiamai il mio assicuratore e gli spiegai il problema. Disse che non dovevo preoccuparmi: mi avrebbe mandato al volo un carro attrezzi della zona.
Non passai una bella mattina. Non c’era un meccanico aperto in paese e il punto più vicino si trovava a una trentina di chilometri. Il carro attrezzi giunse da molto più lontano. Non sporsi neppure un’effettiva denuncia, ma per essere certo che l’assicurazione mi coprisse il danno passai mezz’ora al telefono. Avrei messo a posto tutto, una volta tornato a Treviso.
Il carro attrezzi giunse a mezzogiorno. Trasportò la mia auto in un centro autorizzato di Lecco. Non fu semplice caricarla sul pianale nelle condizioni in cui era ridotta. Il maresciallo e uno dei carabinieri restarono con me sino al momento in cui il veicolo imboccò la strada per Lecco. Forse c’erano delle telecamere che si potevano visionare e risalire in questo modo ai responsabili, ma ci sarebbe voluto del tempo.
Tornai in albergo per il pranzo. Non ebbi bisogno di spiegare alla signora cosa fosse successo. Sapeva tutto e fu, come il solito, piena di premure. Mangiai una cotoletta e delle patate in insalata, seduto a un tavolo da solo, in disparte nella grande sala, poi salii in camera. Accostai un pochino le persiane e mi sdraiai sul letto nella penombra.
Da quanto ero giunto in quel paese era successo di tutto. Non immaginavo cosa sarebbe potuto accadere ancora. C’erano stati diversi morti. Sapevo che erano stati dei serpenti marroni a farlo e non avrei permesso che lo facessero ancora. Ma non era tutto qui. Mi ero ferito un piede nell’inseguire un rettile e per un paio di giorni avevo zoppicato. Poi a Milano un uomo si era suicidato facendosi mordere da una vipera della morte. Era stata una brutta fine e una brutta visione. Era morto pure un ragazzino. Era morto un giovanotto e mi ero trovato a fare cose che non avrei mai creduto di fare.
Un mio amico era finito in ospedale, bene. Gli avevano incendiato un casolare. Avrebbe potuto morirci dentro invece di prendere una botta in testa. Forse erano stati gli stessi che avevano preso di mira la mia macchina la notte appena trascorsa. Non so se avremmo trovato i responsabili. Avrei voluto averli tra le mani ora. Il maresciallo era scettico. Lo erano anche i suoi uomini.
Mi domandai da dove venisse tutto questo male e questa malvagità. Avevo conosciuto persone malvagie per avidità e solo per un semplice desiderio di potere, ma non in situazioni di questo tipo. Vedevo il male che usciva dagli ontani e dai faggi e quasi provavo terrore ad andare nei boschi, ma non capivo nulla in tutto questo. Non capivo che significato avesse questa malvagità. Il male che facevano i serpenti marroni era dovuto a un’aberrazione di carattere naturale.
In ogni caso il mio amico oggi sarebbe tornato a casa. Stava meglio. Sua moglie era andato a prenderlo in ospedale. Quella moglie che gli stavo portando via. Chissà cosa mi avrebbe fatto se lo avesse saputo. Non avevo mai fatto nulla di simile in vita mia. Ero stato con diverse donne e con molte di esse ero stato stupido e superficiale e vuoto ma non avevo mai fatto una cosa squallida e terribile e amorale e perversa.
Scoppiai in lacrime come un ragazzino. Forse era lo stress o forse dormivo poco o forse era la mia coscienza che presentava il conto o forse era anche nel mio caso una sorta di malvagità che veniva a galla. Qualcosa che m’impediva di essere lucido e sereno e tranquillo. Singhiozzavo nella penombra della mia stanza senza capire perché lo facessi.
O forse lo sapevo.
Sì, lo sapevo.
Avrei voluto non essere così malvagio. Avrei voluto essere un uomo onesto. Avrei voluto non essere niente per Loredana e avrei voluto che Dario non soffrisse. Temevo che gli avesse detto tutto. Magari in questo momento stavano litigando. Li vedevo quasi lì nella loro auto mentre tornavano in paese. Lei che piangeva e chiedeva scusa e lui che non la guardava e non diceva nulla e voleva soltanto avermi sotto le sue mani.
Mi addormentai. Dormii per mezz’ora. Al risveglio trovai un messaggio di Loredana. Erano appena tornati dall’ospedale, mi aspettavano a casa. Feci una doccia e mi cambiai, poi uscii in strada e salii da loro.
Trovai Dario in giardino, seduto attorno a un tavolino di plastica, all’ombra. Cercai Loredana con lo sguardo ma non la scorsi. Dario pareva in ottima forma.
«Che è successo alla tua auto?» disse.
Glielo dissi.
«Sono gli stessi che hanno dato fuoco al cascinale e che mi hanno ferito. Sono sicuro.»
«Lo penso anch’io.»
«Che carogne.»
«Tu… come stai?.»
«Non vedevo l’ora di tornare a casa: è terribile stare in ospedale quando non si ha nulla.»
«Insomma... Lunedì scorso dicevano che eri in coma.»
«Solo una lieve perdita di coscienza.»
«Se lo dici tu!»
«Be’ non sono mica morto e soprattutto grazie per tutto quello che hai fatto in questi giorni.»
«Figurati.» «Loredana mi ha raccontato degli ultimi sviluppi. Mi ha detto che c’è stato un altro avvistamento ieri.»
«L’altra sera. Non l’ho visto però.»
«Sta sempre sempre da quelle parti?»
«Non si sposta molto, ma i biacchi e le vipere sembrano sparite.»
«Quel serpente marrone deve essere una specie di mostro per i rettili locali.»
«Dici bene.»
«Diavolo.»
«Già.»
«Diavolo o no, noi lo cattureremo, vero?»
«Certo. Vedrai che riusciremo a catturarlo.»
«Hai qualche idea?»
Lo misi al corrente del piano che avevo studiato per catturarlo. Avrei usato dei tubi di plastica. Era un sistema che avevo visto fare da un collega australiano. Alla fine del tubo andava messo un sacco emetico. Era sufficiente che il serpente entrasse nel tubo per catturarlo. Dario annui. Gli pareva un buon piano.
«Quando andiamo?» chiese.
«Quando te la senti.»
«Domani mattina?»
«Domani mattina?»
«Perché no?»
Arrivò Loredana dall’interno della villetta. Aveva in mano una bottiglia d’acqua e dei bicchieri. Mi guardò e sorrise. Era incredibilmente bella.
«Ti ho visto arrivare… Hai sistemato la faccenda con l’auto?» chiese.
«L’hanno portata da un meccanico a Lecco. Spero la mettano a posto in fretta, ma essendo in arrivo la settimana di ferragosto, sono scettico sui tempi e su quando potrò riaverla.»
«Be’ se ti serve un’auto non avere timori a chiedere» disse.
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"Grazie per la lettura"
Un personaggio particolare Manuel
RispondiEliminaCredo di sì, grazie Ernesto
EliminaAdesso Manuel vede il male ovunque, lo vede soprattutto in se stesso perchè ha tradito l'amico. Cose che sono sempre successe, al cuor non si comanda! Almeno io la vedo così, poi l'autore potrà smentirmi-)) Ciao Ferruccio bravissimo!
RispondiEliminaGrazie Anna, vedremo cosa saprà combinare
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