----- Undicesimo Capitolo -----
Più tardi, dopo che le ragazze furono andate via, sedevo sugli scalini in pietra grigia davanti all’entrata della baita all’ombra. Avevo slacciato il fazzoletto al piede e Dario me lo stava curando. Ora pareva che l’emorragia si fosse fermata però sentivo che la ferita mi bruciava e temevo che iniziasse di nuovo a sanguinare.
«Dovremmo metterci dei punti di sutura» dissi.
«Non credo servano» disse Dario. «Magari dovrei farti una antitetanica.»
Guardai il taglio. Era profondo e largo con la carne arrossata ma se cercavo di aprirlo con le dita vedevo che il sangue non usciva più nemmeno in profondità. Probabilmente, nelle ore successive, si sarebbe gonfiato un poco ma sembrava pulito.
Dario mi lavò di nuovo la ferita con dell’acqua borica, la pulì usando del cotone idrofilo e della polverina gialla, poi ci mise sopra della tintura di iodio che usava per gli animali. Mi disse che avrebbe cicatrizzato la ferita in poche ore. Concluse il lavoro fasciandomi attorno al piede una striscia di garza sterile.
Non potei neppure rimettermi le scarpe talmente era grossa ma fece davvero un gran bel lavoro. Mi diede un paio di pantofole in panno con la suola di gomma.
«Così dovrebbe andare bene» disse. «Ma è meglio che vada da solo a piazzare le videocamere.»
Ne fui un po’ deluso. «Ti sto creando dei casini vero?»
«Per una ferita?»
Non solo per una ferita. La sera prima mi ero ubriacato e adesso gli stavo facendo fare la parte dell'infermiere. Non lo stavo aiutando.
«Domani potrai rimetterti le scarpe. Per ora farò da solo. Tornerò tra un paio d’ore. Provo a ripassare al torrente, magari scopro qualcosa.»
Durante la sua assenza controllai di nuovo le mappe che aveva realizzato. Le avevo viste una decina di volte ma ora cercai di capire dai disegni come mi ero mosso nel pomeriggio.
Andai dentro la baita a prenderle e poi le districai sulle scale. Vidi il tracciato del torrente e risalii al terrapieno dove mi ero fatto male. Era un’area ricca di colubridi da quello che potei capire. Però le vipere evidenziate dovevano essere davvero sparite dalla zona. Non era una faccenda consueta. Per svanire doveva esserci qualcosa di anormale.
Ora due le avevamo trovate morte ma le altre dove erano finite? Non credo che qualche coronella fosse in grado di divorarle. Potevo accettare che gli divorassero i piccoli ma una vipera adulta non era facile da attaccare.
Passai un’ora facendomi queste storie e cercai di trovare qualche facile soluzione, poi visto che Dario non tornava, presi due secchi e andai alla fonte a riempirli d'acqua fresca.
Non mi fu per niente agevole. Non potevo poggiare a terra il piede ferito. Speravo solo di non combinare qualche altro guaio. Io sono il tipo di persona che in vita ha fatto centomila errori, solo oggi ne avevo fatto una decina ma perseverare è proprio da idioti.
Andai sino al pozzo e posai i secchi sulle due traverse di ferro piazzate sotto il getto e uno alla volta li riempii, poi sedetti un poco sui gradini della baita che una volta era stata la latteria del maggengo.
Da quel poco che avevo intuito e capito, sapevo che Dario doveva tornare passando lì davanti alla fonte.
Arrivò mezz’ora dopo. Guardò i secchi posati ai piedi del pozzo.
«Non riesci a stare fermo» disse.
«Per una ferita? »
Faceva sempre più caldo. Dario mise la testa sotto il getto di acqua della fonte per un istante. Sbuffò, poi si girò verso il sottoscritto e scosse il capo. Gocce d'acqua fresca e limpida mi finirono sul viso. Dario sorrise e si mise in faccia al sole per asciugarsi in fretta.
Mi disse che aveva piazzato le videocamere in tre punti diversi. Le aveva mimetizzate con del fieno e del fogliame. Bene, dissi. Se non ci fosse stato qualche incidente, l'indomani avremmo avuto dei risultati. Bisognava essere ottimisti. Prima di muovere altra gente, dovevamo trovare delle risposte. Non era una situazione semplice, disse Dario. Dissi che non lo era per niente. Dissi che mi spiaceva non essere riuscito a capire quali serpenti si stessero mangiando. Lo avremmo scoperto nei giorni seguenti, disse Dario. Certo che lo avremmo scoperto, dissi io.
«Ce la fai ad alzarti?» chiese.
«Senza problemi.»
Mi alzai. Guardai il piede. La garza era sporca di tintura, ma sembrava che non ci fosse sangue. Mi sarei grattato il piede per il prurito ma sapevo che se avessi continuato a pensare di grattarmi sarebbe stato peggio. Con le pantofole di panno colorato ero ridicolo in mezzo alla natura.
Dario mi guardò, afferrò i due secchi, li sollevò e si avviò verso la baita. Lo seguii, facendo attenzione a non zoppicare.
Una volta in baita, sedetti sulla brandina da basso del letto a castello e chiamai a Treviso, mentre Dario si occupò della legna per il focolare.
Anche oggi era andato tutto per il meglio a Treviso. Al telefono dissi che sarei rimasto fuori per almeno un settimana. Non sempre ero raggiungibile con il cellulare, anche lì nella baita: in caso di problemi doveva lasciarmi un messaggio. Servivano soldi? Non servivano soldi, mi disse dall'altra parte. I miei serpenti stavano bene? Stavano benissimo, disse dall'altra parte.
Dario mi ascoltava. Quando chiusi la telefonata sorrise.
«Si capisce che sei veneto» disse. Era in piedi vicino alla porta d’ingresso.
«Da sempre… Le origini non si cancellano.»
«Già.»
«Da quanto tempo ti sei trasferito in questo paese, tanto per restare in tema?»
«In realtà vengo da queste parti da quando sono bambino. Ci venivo con i miei nonni a trascorrere le vacanze estive. Mio nonno mi portava sempre in giro per i sentieri e per i boschi, ma lui odiava i serpenti. Una volta un saettone mi si avvolse attorno a una gamba. Non ho mai più visto mio nonno alterato come quella volta. Spellò viva quella povera serpe... Poi ho trovato una ragazza del posto, Loredana e mi sono sposato.»
«Tua moglie è di queste zone?»
«L’ho conosciuta che era una ragazzina. Non sarebbe mai venuta a vivere a Monza. Ho fatto il pendolare per amore per diversi anni.» Sorrise, poi alzò le spalle. «Alla fine, non ho avuto scelta.»
«Sono luoghi molto belli, da quel poco che ho visto. Deve essere piacevole vivere qui.»
«Sì. Ma i primi anni da sposato non sono stati per nulla facili. Non era come vivere a Monza e non ero neppure in vacanza. E le radici sono diverse. Molto diverse... Se non fosse stato per il parco.»
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"Grazie per la lettura"
Il male tra gli ontani in vetrina (tutti i capitoli pubblicati)
Ci siamo anche oggi, grazie
RispondiEliminaGrazie Ernesto
EliminaBuongiorno Ferruccio mi piace molto questo erpetologo veneto, è un bel personaggio, mi "intriga" molto, aspetto il seguito...
RispondiEliminaBuongiorno Anna. Grazie
Elimina...è come se stessi vedendo un film a puntate...d'accordo con gli altri lettori!
RispondiEliminaBuona giornata di sole
L.
Mi fa davvero piacere. Grazie Linda
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