----- Diciassettesimo Capitolo -----
Il maresciallo aveva il sudore che gli scendeva dalle tempie e delle chiazze umide sulla camicia sotto le ascelle. Teneva scomodamente la visiera del cappello con la mano sinistra e si asciugò la fronte con un fazzoletto usando l'altra mano. Poi rimise il fazzoletto nella tasca dei pantaloni senza scomporsi. Non perse marzialità ma pensai che forse era salito non abbigliato nel modo giusto.
Guardò Dario e sorrise. «Allora?» gli chiese.
Dario scosse il capo ma non disse nulla.
Il maresciallo mi squadrò. «Lei è l’erpetologo? Piacere.»
«Piacere mio.»
Gli strinsi la mano. Capivo che pensava qualcosa riguardo alla mia qualifica, ma non chiese nulla. Mi presentò gli uomini della Forestale prima che lo facesse Dario.
Non li avevo visti nella sede del Corpo il giorno del mio arrivo. Adesso erano stati incaricati dal comando provinciale di Lecco a operare nella zona con la collaborazione dei Carabinieri e del responsabile del parco. Per il momento nessuno di loro aveva in mano disposizioni e istruzioni precise. Una volta verificata la situazione, sarebbero state, probabilmente, diramate le delibere del caso.
«Da quello che ho capito non è stata una vipera» disse uno dei due: un sovrintendente con la faccia piena di rughe e la barba grigia d’alpinista.
«Per ora non abbiamo molte risposte, il fatto che non si tratti di una vipera, però è una certezza. La foto del serpente che abbiamo non corrisponde a quella di una vipera» dissi.
«Avete delle foto?»
«Una foto scattata dal ragazzo che è stato ucciso. Purtroppo però, a parte l’esclusione della vipera, non ci fa capire che specie sia.»
«A proposito: del ragazzo morto cosa avete saputo?». Parlava al plurale, ma guardava Dario.
«Faranno l’autopsia nei prossimi giorni» risposi.
«Gilardi» chiamò il sovrintendente.
L’altro uomo della guardia forestale si avvicinò. Era soltanto un ragazzo in mimetica di servizio: alto e abbronzato. Non faceva fatica in apparenza e sembrava a suo agio in un ambiente naturale composto da ruscelli, prati scoscesi e boschi.
«Prova a dare un’occhiata sull’altro lato del torrente» ordinò il sovrintendente.
«Cosa devo cercare? »
Il sovrintendente gli disse delle parole in dialetto. Non le capii.
Il giovanotto annuì.
«Non è necessario» obiettai.
«Si annoia a stare fermo» disse il sovrintendente.
«Fai attenzione però» aggiunse il maresciallo dei carabinieri.
Il giovanotto assentì un’altra volta, poi superò il torrente senza bagnarsi, saltando tra i sassi asciutti del greto come un camoscio. Lo vedemmo mimetizzarsi tra gli ontani sulla riva opposta. Curiosò un poco prima di scomparire nella boscaglia.
Il maresciallo dell’Arma si chiamava Orlando Zini e comandava la stazione locale del paese vicino. Toccavano a lui incarichi di questo genere.
Il sovrintendente della guardia forestale, invece, si chiamava Franco Castoldi: il giovanotto, con lui, Marco Gilardi. Appartenevano al distaccamento di Barzio.
«Avete delle ipotesi?» chiese il maresciallo.
«Per ora no» spiegai, «non è possibile fare supposizioni con quello che abbiamo in mano.»
«Magari facendo analizzare la foto potremmo sapere qualcosa in più» disse Dario.
«Già» mi rivolsi al sovrintendente. «Avete esperienza con i rettili?»
Il sovrintendente disse che sui serpenti sapeva le cose che conoscevano tutti i montanari del posto. Spiegò che presso il distaccamento di Barzio lavoravano quattro agenti. Lui aveva esperienza con gli ungulati. Gilardi stava al distaccamento per meriti sportivi e sapeva a malapena distinguere qualche albero, sempre che non fosse senza foglie. Solo un collega era laureato ma era specializzato in volatili e guarda caso era in ferie e sarebbe rientrato verso i primi di luglio.
«Che altri serpenti possono vivere da queste parti?» chiese il maresciallo.
Dario elencò una a una le varie specie di rettili che si potevano rinvenire. Li elencò dapprima usando i termini gergali, poi li ripeté di nuovo usando i corrispettivi nomi scientifici: Vipera aspis e Vipera berus, Hierophis viridiflavus, Zamesis longissimus, Coronella austriaca… «e Natrici: Natrix natrix e forse Natrix maura. Qualcuno sostiene di aver visto pure delle Natrici tessellate ma io non ci credo. Ritengo sia più facile trovarle verso Dervio, sul lago: si nutrono di pesci.»
«Solo le vipere sono velenose» affermò il sovrintendente.
«Esatto, non ci sono altri generi tossici» disse Dario.
«In parole povere?» domandò il maresciallo.
«Sono sincero, prima dell’incidente che ha ucciso il ragazzo pensavo alla possibilità di qualche malattia strana. Ora ho qualche dubbio» disse Dario.
«Potrebbe esserci un rettile esotico» dissi. «Non sarebbe la prima volta.»
Era solamente una ipotesi la mia, eppure non era una tesi azzardata. Dario la colse al volo. Suppongo avesse già pensato a questa eventualità. Soltanto un timore reverenziale nei miei confronti gli aveva impedito di pronunciarsi in questo modo. Non era la prima volta che qualcuno liberava pitoni, boa o chissà che altro perché non poteva curarli.
Insomma avevo passato davvero un ottimo gancio a Dario e lui ne approfittò immediatamente. Spiegò che la presenza tra i boschi di un serpente esotico e tossico, magari cannibale, avrebbe chiarito in buona parte la scomparsa dei rettili dal territorio. Inoltre, tra i serpenti ofiofaghi ne esistevano di molto velenosi.
«Pensate all’Ophiophagus Hannah» disse.
«Eh?»
«Cobra Reale» disse io.
La presenza di un Cobra Reale nella zona avrebbe inesorabilmente distrutto il biotopo. Solo che un Cobra Reale non poteva passare inosservato. Un rettile di cinque metri mica poteva nascondersi in una buca e di certo non poteva essere quello che aveva ucciso il ragazzo.
«Scherzi vero?» chiese il maresciallo.
«Potrebbe anche essere, potrebbe essere lo stesso serpente che ho visto, avvinghiato con un altro, appena lì sopra giovedì pomeriggio» convenni.
«Ti rende conto cosa significherebbe la presenza di un Cobra da queste parti?»
«Me ne rendo conto benissimo» dissi, «ma non è detto che sia un cobra.»
«No, non è un cobra» disse Dario. «Ma non prenderei lo stesso la faccenda sottogamba.»
Alle sette di sera stavamo ancora lavorando lungo le rive del torrente. Purtroppo neppure con la presenza degli uomini della Guardia Forestale avemmo profitto. Ispezionammo l’intera area dal basso verso l’alto e più tardi rovistammo tra i muri a secco e tra le pietre - con tutta la cautela possibile - del luogo dove il ragazzo era stato attaccato.
I risultati furono gli stessi. In questo modo stavamo solo sprecando tempo. Sapevo che dovevamo agire in un'altra forma se volevamo ottenere risultati concreti. Non era infilando un bastone in una fessura di un muro a secco che avremmo ottenuto delle risposte. Adesso occorreva intervenire in maniera più incisiva usando personale e strumenti ancora più sofisticati.
Per fortuna, il maresciallo Zini condivideva la mia opinione. Era un uomo intelligente e sicuro dei suoi mezzi e si rendeva conto di non essere all’altezza della situazione.
«Cosa si può fare?» chiese.
«Non dobbiamo perdere la calma.»
«Certo, però mi sembra una situazione nuova per tutti» disse il maresciallo «al momento opportuno ognuno di noi avrà un ruolo ben preciso da svolgere ma da parte che cominciamo?»
Il sovrintendente sorrise. Mi guardò. «Ti sei scelto proprio una professione tranquilla.»
«Eccome.»
Ritornammo alle baite del maggengo al crepuscolo. Si era raccolta della gente. Erano alcune famiglie del posto che tornavano a casa, dopo aver trascorso il pomeriggio sugli alpeggi vicini com’era loro abitudine. Si era incuriosita notando i carabinieri e gli uomini della guardia forestale al lavoro sul torrente. Immagino fossero al corrente di cosa fosse successo. Conoscevano il maresciallo e qualcuno accennò un saluto.
Lo stesso fecero con Dario e con gli uomini della forestale. Con il sottoscritto, invece, si comportano in modo incomprensibile. Vedevo le loro teste che ragionavano e nei loro ragionamenti vedevo che probabilmente mi stavano scambiando per qualcuno venuto da chissà dove per risolvere il problema.
Era chiaro che volevano sapere se c’erano sviluppi. Mi osservavano come se fossi stato una bestia rara. Non me ne preoccupai più di tanto. Non era mio compito rispondere. Al momento mi preoccupavano altre cose.
Chiamai in disparte il maresciallo. «Ti domandavi da che parte cominciare? Bisognerebbe impedire alle persone di passare da queste parti. Non vorrei capitasse ancora qualche guaio.»
«Capisco» lui disse, «ma non possiamo farlo senza una delibera del comune e del sindaco.»
«Be’ dobbiamo farlo alla svelta. Io avrei messo dei cartelli già da subito.»
«Semineresti il terrore.»
«Meglio che trovarsi un altro morto tra i piedi.»
«Su… lo faremo al momento opportuno» disse, poi si rivolse ai due agenti della forestale, «sarà meglio tornare in caserma, non ha senso fermarsi ancora.»
Mi guardò. «Siete saliti a piedi?»
Annuii.
«Tornate a casa anche voi?»
Assentii. «A questo punto credo sia la cosa migliore da fare.»
Scendemmo a fondovalle. Prima di salutarci, concordammo di rivederci nei giorni successivi a Como, in ospedale, per verificare i risultati dell’autopsia una volta disponibili. Il maresciallo disse che appena capito cosa c’era sotto avrebbe contattato le autorità competenti e a ognuno di noi sarebbe stato affidato una funzione ben precisa.
Decidemmo l’ora e il punto dove ci saremmo incontrati. Gli agenti partirono. Dario ed io restammo in strada a osservare il Panda grigioverde finché scomparve in fondo ai capannoni industriali.
Montammo in auto e tornammo a casa allora. Faceva caldo nonostante fosse buio. Quando ci arrivammo Dario mi chiese se volevo tornare subito in albergo. Gli dissi che era ancora presto e ci sedemmo a parlare in giardino. Loredana ci cucinò un piatto di spaghetti.
«Certo che la faccenda dei serpenti ofiofaghi apre scenari quasi da fantascienza» dissi.
«Lo ritieni possibile?»
«Più che possibile. Temo che si tratti di un elapide quel serpente nella foto. Me lo dice l'intuito.»
«Sì lo penso anch’io, ma avendoli visti solo in un rettilario non ne sono così sicuro» disse Dario. «Il problema è trovarlo.»
«Vedrai si farà vivo lui… Non è mai successo nulla di strano da queste parti?»
«Strano di che genere?»
«Cose con i serpenti… Ricordo che una volta in un canale vicino a Padova è stato trovato un mocassino d’acqua. So anche di una Echide vicino a Roma, senza considerare boa pitoni e simili.»
Dario sorrise. «Mi sembra di ricordare qualcosa relativo a un pitone in un torrente vicino a Lecco. Qualche anno fa. Mai da questa parti, comunque. Qui non è mai successo niente del genere, prima d’ora.»
«C’è qualcuno che maneggia serpenti in paese che tu sappia?»
«Lo escludo.»
«Allora da dove partiamo?» domandai.
Dario non rispose. Si alzò ed entrò in casa. Ne uscì, trascinando un doppino telefonico lungo una decina di metri e portando il portatile sottobraccio. Mise il notebook sul tavolo e lo connetté alla rete.
«Cerchiamo qualcosa sugli elapidi.»
Orientai lo schermo del computer davanti agli occhi e cliccai sul browser di navigazione. Poi usai il mio motore di ricerca. Digitai il termine elapide nel form della casella di ricerca e aspettai che apparisse qualcosa.
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"Grazie per la lettura"
Il male tra gli ontani in vetrina (tutti i capitoli pubblicati)
Per ora leggo i capitoli, ti faccio i complimenti e metto da parte...
RispondiEliminaMa voglio il libro al più presto
Grazie Ernesto, farò il possibile
EliminaCome l'erpetologo ho guardato anch'io nel motore di ricerca: Elapide: serpente velenosissimo, non presente in Europa! Non so come continuerà la storia, forse un'idea ce l'ho...Un mio amico teneva un caimano nella vasca da bagno. Fine dell'amicizia. Bello Ferruccio, mi piace sempre di piu'! Buona giornata
RispondiEliminaGli elapidi sono una famiglia di serpenti velenosi: Cobra, Mamba, Taipan, Bungari, Serpenti Corallo. Hanno un apparato velenifero meno efficiente di quello delle vipere e dei crotali, ma un veleno molto più potente
EliminaGrazie dell'approfondimento! Aspetto Martedì!
RispondiEliminaGrazie a te Anna
EliminaEcco,
RispondiEliminaAnch’io appena finito il capitolo ho digitato su Google “elapide”
E poi, stamattina, camminando nei boschi vicini a quelli di cui tu parli, usavo maggiore circospezione.
Come se dovessi trovarlo io, il serpente che Dario sta cercando.
Quando un libro mi piace, non riesco mai ad uscirne, e la realtà si mescola ai suoi personaggi.
Col tuo mi sta capitando ancora di più.
Aspetto il seguito. E complimenti!
Grazie Danila, mi fa molto piacere e non temere i serpenti che vivono dalla nostre parti
EliminaC'è una grande affinità tra te e Manuel...:-)
RispondiEliminaIo continuo la lettura con molto interesse,davvero.
L.
Grazie Linda, credo sia difficile non mettere qualcosa di sé nei personaggi
EliminaPiù che altro una certa conoscenza sui serpenti,è quella la caratteristica che accomuna te e Manuel...
RispondiEliminaScrivi spesso che dalle nostre parti i serpenti non sono pericolosi,questo è incoraggiante.Magari lo avessi saputo un po prima ,anche dal più recente episodio!
L'estate scorsa nel mentre raccoglievo more,udì un rumore ... mi trovai a guardare un serpente che non so come, era aggrovigliato con il dorso capovolto e cercava velocemente di
rigirarsi,mi allontanai velocemente perché ho un certo terrore dei serpenti...presi una bella scivolata trovandomi su una stradina in pendenza...non ci crederai ma mi ritrovai distesa a terra con il serpente che strisciò con un estrema velocità a pochi centimetri da me,tutto svoltosi in pochissimi attimi.Vivo ancora quell'incubo associato ad altri episodi.
Ma come vedi non rinuncio a leggere questo racconto...
L.
Be' io quanto ero piccolino mi sono trovato un biacco che si avvolgeva attorno a una mia gamba... Con le vipere è meglio non giocare ma neppure loro sono letali come si vogliono far passare
EliminaGrazie Linda