sabato 13 luglio 2019

Io e i canarini

Ci sono vari articoli su Otium che parlano di canarini. C'è pure un racconto artistico che ne vede uno protagonista (San Valentino in gabbia). D'altro canto per qualche tempo, da ragazzino, sono stati miei complici. Ne ho curati due. Uno soltanto per poche settimane. Un altro per un paio di anni. A volte ho la sensazione di essere io quel ragazzino ritratto nel disegno che ho inserito in questo articolo. Credo sia assai probabile. 

Avere cura di un canarino non era semplice ma era emozionante e mi caricava di responsabilità. Ricordo che ogni mattina cambiavo la carta sul fondo della gabbia e facevo sempre attenzione al livello di acqua che lasciavo a disposizione nel dosatore. 

Facevo attenzione al cibo che gli davo e ricordo che d'estate mettevo sempre in un angolo della gabbia una foglia di lattuga raccolta nell'orto. La bloccavo con una molletta da bucato. 

Ne ho avuti due di canarini.  

Il secondo l'ho avuto per poche settimane. Non ricordo neppure come lo avevo chiamato. Lo avevo preso solo per dimenticare il primo, credo. Non so forse pensavo di ammaestralo come avevo fatto con il precedente e una mattina lo tolsi stupidamente dalla gabbia dimenticando la finestra della stanza aperta. 

L'uccello volò via senza badare a me e a cosa andava incontro. Lo vidi andare a posarsi sul ramo di un albero oltre la strada. Lo chiamai e sperai che tornasse indietro, ma quando usci e andai sotto quell'albero non c'era più nessuna traccia di lui. Non lo vidi mai più. Era una maschio. 

Il primo invece l'ho avuto in casa per un paio di anni, se non ricordo male. Forse è lo stesso presente nel disegno realizzato da mio padre, anche se in duplice copia. Me lo regalò una zia per il mio compleanno e mi affezionai molto a lui, o meglio a lei: era una femmina. 

Ma ho già raccontato diverse volte sul mio blog chi era e cosa mi ha regalato e sopratutto cosa mi ha lasciato... 

«Al mio decimo compleanno una zia mi regalò un canarino. Era una femmina gialla tendente al bianco. La chiamai Titti. Riuscii ad ammaestrarla e volava libera per casa anche se c'erano le finestre aperte. Ci fischiettavo insieme la sigla dei cartoni animati di Braccio di Ferro e quando le agitavo un dito davanti lei lo assaltava neanche fosse un osso di seppia. Ci giocavo sempre quando tornavo da scuola. Una mattina la trovai morta sul fondo della gabbia. Piansi un giorno intero.» 


"Grazie per la lettura"

8 commenti:

  1. Ciao Ferruccio, ho avuto anch'io due canarini!! Buon Sabato!

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  2. Di uccelli in casa ne ho avuti un'infinità da bambino. Mio padre era un cacciatore e ogni tanto tornava dalle sue battute di caccia con qualche nidiaceo di cui poi ci prendevamo cura amorevolmente. Ricordo di aver allevato negli anni: un merlo, una fringuella, una quaglia, un tordo e un'infinità di passerotti.

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  3. Ricordo il racconto che citi: molto bello
    Alessia

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  4. Ai tempi della scuola ne trovai uno arancione appollaiato sui muri di casa.
    Pur con tutte le cure del caso sopravvisse pochi mesi, purtroppo.

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