martedì 23 luglio 2019

Il sesto capitolo de' Il male tra gli ontani

Ora siamo al Sesto capitolo de' il male tra gli ontani. L'erpetologo Manuel Cattelan e negli uffici del Corpo forestale di Lecco. Vuole aiutare Dario Longhi a scoprire cosa sta accedendo nel Parco che controlla. Sono convinto che apprezzerete la storia in cui poco alla volta vi troverete immersi. In aggiunta ai vari collegamenti tra i capitoli, ho inserito in fondo al post il link alla vetrina con tutti i capitoli. Dimenticavo di scrivere che ogni riferimento a luoghi, personaggi, strutture e fatti reali sono del tutto casuali. Buona lettura. 


----- Sesto Capitolo ----- 

Giungemmo nei pressi degli uffici del comando. C’erano voluti una decina di minuti nel traffico. Il sovrintendente accostò sulla destra della strada, in una piazzola all’ombra, vicino a una fontana. Ci fece scendere dall’auto e aspettò che scaricassi il bagaglio. Poi riavviò il motore, ingranò la marcia e scomparve in fondo all’isolato. Io, invece, con Dario, imboccai l’entrata del palazzo di fronte alla fontana, portandomi appresso tutta la mia roba. 

Salimmo in ascensore. Dario pigiò il pulsante del quarto piano. Dedussi che il comando fosse lì. Vidi che c’erano altri uffici ai piani inferiori ma erano impegnati da altre strutture. Alla fine fui accompagnato in una specie di sala riunioni e restai solo qualche istante. 

Mentre aspettavo che tornasse, andai alla finestra. Non avevo voglia di sedermi. Ero stato seduto talmente a lungo in treno che preferii affacciarmi. Potei solo guadagnarci se capite ciò che voglio dire. 

Il panorama era stupendo. La finestra dava sul lungolago e ne fui realmente impressionato. Il lago aveva il colore nitido e lucente del cielo sereno tranne a riva dove rinverdiva per un lungo filare di pioppi. Prima si allargava e poi si restringeva tra le montagne salendo verso nord. Non si vedeva un’increspatura sull’acqua. 

Non so perché ma ricordai il paese di Bellagio. Doveva trovarsi a nord ovest. Sapevo che era un posto alla moda. Non potevo vedere il promontorio ma immaginavo dove fosse. Avevo in mente la cartina geografica della zona e più volte mi ero proposto di venirci a fare una visita. 

Da Lecco doveva essere raggiungibile in barca. Non sarebbe stato male provare. Un giro in barca sul lago doveva essere una delizia con il caldo che faceva ora. Sarebbe stato magnifico stare con i piedi a mollo nell’acqua calma. 

Non ricordavo una periodo così torrido in vita mia. E sì che mancava ancora una settimana all’inizio dell’estate. Probabilmente sarebbe stata un’estate da pazzi, di quelle matte per il clima. Roba da tuffarsi dalla finestra come i dissennati di Acapulco. Ma non restai solo a lungo per poterlo fare perché Dario tornò dopo qualche istante. 

Sentii che arrivava ancora prima di vederlo nella stanza. Non era solo: con lui c’era un ufficiale del corpo forestale. Era il comandante della stazione provinciale. Pareva un uomo misurato e autorevole. Doveva avere una cinquantina d’anni e aveva gli occhiali da vista nel taschino. Non vidi nulla in lui fuori posto. 

In mano teneva una cartella colorata gialla. Osservò un paio di volte curioso i miei capelli raccolti in una coda di cavallo, poi mise la cartella sul tavolo della sala. Mi strinse la mano allora e subito dopo chiese a Dario di recuperare da bere. 

Rimasti soli, chiuse la porta e mi invitò a sedere attorno al tavolo. 

«Prima volta da queste parti?» chiese. 

«Già… bei posti.» 

Acconsentì. «Fa caldo.» 

«Si fa sentire.» 

«Starà meglio dove andrete.» 

«Probabile. Cosa ne pensa?» 

Si mise gli occhiali da vista. «Del paese?» 

«No. Di ciò che sta accadendo.» 

Alzò le spalle. «Difficile a dirsi. Forse qualcosa sta accadendo» disse, «ma bisogna essere cauti nel fare considerazioni. Tra qualche mese sarà di nuovo tutto nella norma.» 

«Speriamo.» 

«Probabilmente e tutta colpa di questo caldo orrendo.» 

«Ha avuto modo di verificare di persona?» domandai. 

«No. Per il momento non mi sono ancora mosso» rispose. Si grattò l’orecchio sinistro. Si tolse gli occhiali, soffiò sulle lenti e iniziò a pulirle con un fazzoletto di carta. «Mi sono limitato a leggere la relazione che mi ha fatto il signor Longhi. Tuttavia ho intenzione di farlo quanto prima.» 

«Non ritiene ci sia qualcosa di allarmante?» 

«Il signor Longhi ci mette parecchia passione nel suo lavoro però…» 

«Però cosa?» 

«Non è solito inventare storie… e non posso boicottarlo.» 

«Dunque è tutta una balla.» 

«Questo no… assolutamente…» 

«E se succedesse qualcosa davvero?» 

«Andiamoci piano...» Guardò qualcosa sulla cartella sempre tenendo gli occhiali in mano. «Signor Cattelan. Non vorrei creare qualche vespaio.» 

«Dario ha accennato… a…» 

«All’attacco?» 

«Non è una cosa normale.» «Io, non me ne intendo. Volevo fare il botanico ma sono finito tra le scartoffie… Per questo lo abbiamo chiamato. È un erpetologo no?» 

Sorrisi. «Qualcosa del genere.» 

L’ufficiale stava sempre pulendo gli occhiali. «Il signor Longhi ha insistito parecchio. Mi ha parlato molto bene di lei.» 

«Esagerazioni.» 

«Quell’uomo, qualche volta da i numeri, ma capisce la gente. Avrà modo di constatarlo.» 

Annuii. 

«Si troverà bene con lui.» 

«Lo immagino.» 

Sentimmo bussare. 

«Avanti» disse l’ufficiale. 

Era Dario che tornava. Aveva in mano una bottiglia sigillata d’acqua minerale e dei bicchieri di carta. L’ufficiale lo invitò a sedere. Per qualche minuto restammo in silenzio. Ne approfittai per bere. 

«Quando pensate di cominciare?» domandò poi l’ufficiale. 

Ora si era rimesso gli occhiali. Aveva aperto la cartella e leggeva da alcuni fogli che vi erano contenuti. Facile che si trattasse della documentazione inerente alla faccenda. 

In ogni caso non toccava a me rispondere e guardai Dario. 

«Domani» disse lui. «Domani mattina ci recheremo nel parco e studieremo un piano.» Mi guardò. «Sempre che tu sia d’accordo.»

L’ufficiale l’osservò da sopra gli occhiali. 

«Per me va benissimo» dissi. 

«Hai qualcosa in mano?» chiese di nuovo il comandante. 

«Qualcosa in mano… Mi devi dare tutta la strumentazione che hai. Videocamere, cose del genere. Voglio fare un monitoraggio completo dell'area» disse Dario, «sono certo che qualcosa troveremo.» 

«Cosa te lo fa credere?» 

«Lui!» disse Dario indicandomi. 

Non so come potevo aiutarlo ma nello stesso tempo capii che dovevo intervenire e raccontai due cose per fare capire che la sapevo lunga. Insomma non ero l’ultimo arrivato ed elencai, in ordine, parte degli attrezzi che avevo portato per il lavoro, illustrando bene a cosa servissero. Spiegai all’ufficiale che con strumenti simili potevamo operare in tutta sicurezza. Prima o dopo avremmo risolto qualcosa e con un po’ di buona volontà e pazienza, avremmo trovato la soluzione. 

Ecco. Non c’era altro da aggiungere da parte mia e sperai che ora l’ufficiale menzionasse qualcosa in merito alla paga visto che mi era stata prospettata da qualcuno. Invece niente. Ne fui, come dire, deluso e pensai che magari fosse meglio farsi avanti. Con le sorprese avute negli ultimi tempi non era il caso di rischiare. Però non ci tenevo troppo a presentarmi avido e convenni di aspettare ancora. Forse sbagliavo ma preferii non toccare l’argomento. 

Così li seguii, senza tante storie, in magazzino al piano di sotto. Facemmo le scale a piedi. In realtà più che un magazzino era un ripostiglio. Una roba incredibile. Era di venti metri quadri e c’era dentro di tutto. Vi lavorava un agente in camice bianco impiccato su una scrivania vicino a una finestra. Era seduto e lavorava davanti a un notebook di marca. Non è il caso comunque che mi divulghi troppo in merito. Molte cose non so nemmeno cosa fossero. 

Dapprima Dario mi mostrò un paio di mappe che teneva in una scrivania del magazzino. Me le diede in mano. Dovetti girarle una paio di volte prima di capire come guardarle ma quando riuscii a orientarle correttamente ricordai che erano le stesse che avevo visto quella volta a Treviso. 

Adesso erano solo stampate in un formato più grande. Inoltre, non erano marcati solo i domini delle Vipere. C’era pure registrata la presenza di diversi Colubrudi. 

«Di che si tratta principalmente?» domandai. 

«Biacchi» ripose Dario. «Qualche Saettone, Coronelle…» 

L’interruppi. «Tutte due le specie?» «Sì, tutte e due: sia Austriaca che Girondica.» 

«Natrici?» 

«Natrici dal Collare e Tessellate?» 

«Non ci sono Natrici Viperine?» 

«L’ultima è stata avvistata negli anni settanta» s’intromise il comandante. 

«Davvero?» 

«È probabile che ce ne siano in alta montagna ma è difficile vederle.» Guardò Dario «O sbaglio?» 

«No, non sbagli» rispose lui prima di rivolgersi di nuovo al sottoscritto. 

«Comunque natrice o non natrice, c’è una cosa che voglio mostrarti» mi disse. 

Subito dopo borbottò qualcosa all’agente che lavorava al Computer. Non capii chiaramente cosa gli disse ma l’agente non se lo fece ripetere, si staccò dal video all’istante; mise in stand-by il computer e si alzò. Sapeva esattamente cosa fare. 

Attraversò la stanza fino a un congelatore appoggiato contro la parete opposta. Lo aprì e ne trasse un contenitore trasparente, ci appoggiò sopra uno straccio per ripararlo dalla luce e lo porse a Dario con cautela. Gli diede pure un paio di guanti. 

Dario mi fissò negli occhi come se volesse ipnotizzarmi. «Hai mai visto una muta simile?» chiese. 

Subito dopo, tolse lo straccio dal contenitore e me lo mise davanti agli occhi. 

Dentro c’era un frammento di muta, neppure troppo decomposta ma difficile da identificare. Pareva della stoffa grigia e il pezzo non era più lungo di dieci centimetri. Avrebbe potuto essere qualsiasi cosa ma difficilmente potevi scambiarla con la muta di un biacco. 

«L’ho trovata la settimana scorsa» disse Dario. 

«Dove?» 

«Vicino allo stagno, nel parco.» 

La osservai, girando il contenitore da tutte le parti. La esaminai dall’alto, dal basso, da destra, da sinistra. Neanche fossi uno scienziato. Probabilmente l’attraversai con lo sguardo ma non so cosa credevo di scoprire. 

«Non la trovi strana?» chiese Dario. 

In realtà non sapevo cosa dire. 

«Prova a toccarla.» 

Non sapevo dove volesse arrivare: esitai un poco. 

«Ti prego. Prova a toccarla.» 

Ubbidii. Infilai i guanti in lattice e poi misi la mano nel contenitore e toccai delicatamente la muta mentre Dario mi guardava negli occhi come per captarne attraverso lo sguardo ogni minima sensazione che avvertivo con il tatto. Feci scorrere le dita piano, piano e piano sulla muta, quasi banalmente. La osservai e nel contempo la palpai con perizia per cercare di contarci le squame. 

Sapevo che non poteva trattarsi di una vipera, mancavano le carenature tipiche. Qualcosa mi diceva che non era la muta di un Saettone. Per una coronella era troppo grossa. Magari una biscia dal Collare. 

Per quanto insistei non riuscii a farmi un’idea. Levai la mano dal contenitore e guardai Dario. 

«Allora?» chiese. 

Mentre lo guardavo alzai le spalle. 

«Io sono convinto che è la causa di tutto. Puoi esserne certo, non si tratta della muta di un rettile della zona» disse. 

Mi levai i guanti in lattice. «Potresti avere ragione ma a occhio non mi dice nulla. Bisognerebbe farla esaminare meglio.» 

«Visto!» esclamò l’ufficiale. 

Dario scosse il capo. 

«Perché non lo fate?» domandai. 

«Sarebbe solo una perdita di tempo, l’ho già detto» disse Dario. «Un’analisi chimica sarebbe solo una perdita di tempo.» 

«Lo sente?» disse l’ufficiale. 

Dario sorrise. «Credimi Manuel… questa roba non è di queste parti. Non è necessario farla analizzare a Milano.» 

Guardai l’ufficiale come per avere uno sguardo d’intesa. Al contrario, mi parve di capire, che la parola di Dario fosse legge. Era inutile. 

«Sai di che si tratta?» chiesi a Dario.

«Ho intenzione di scoprirlo» disse lui. «Non voglio che mi mandino qualche esperto da Milano a occuparsene.» 

Sorrisi. 

«Mi basta che venga tu con me. Certe cose si sentono nell’aria. Te ne renderai conto da solo.» 

Già, da solo. Non so perché mi vennero in mente tutte le cose brutte degli ultimi tempi. Da solo! Da solo forse mi stavo cacciando in un altro guaio. 

«Stai tranquillo, Manuel» disse Dario, doveva avere un sesto senso. «Troveremo la soluzione. Non ho intenzione di farti perdere tempo.» 

Tornammo in sala riunioni adesso e finalmente mi fecero compilare dei moduli che sarebbero serviti per il pagamento del mio servizio. 

Quasi non ci feci un colpo. Mi avrebbero pagato più di quello che avevo pensato. Magari dovevo pazientare qualche mese per intascare la cifra ma la somma offerta era davvero notevole. Oltre a un fisso mi avrebbero corrisposto una diaria giornaliera. Tutte le altre spese, inoltre, erano a carico del Corpo Forestale. Queste prospettive mi resero meno diffidente e più motivato. D’altra parte basta davvero poco per fare felice la gente; basta concedergli il giusto merito e trattarli come si deve. 

Quelli della televisione non lo avevano fatto per niente. Mi avevano preso per un emerito imbecille alle prime armi. Adesso non so per quanto tempo sarei rimasto pieno di rancore con loro. Per non accennare a quel pirla del giornalista. Non ricordo, qualcuno, che in vita mia, mi avesse trattato così male. Ora invece mi facevano i ponti d’oro e all’improvviso mi venne voglia di fare festa. 

Avrei offerto una bottiglia di spumante solo perché mi stavano offrendo più soldi di quelli che avevo messo in preventivo di ricevere. 

Ma non lo feci e non lo dissi. Come potevo dirlo. 

Avevo voglia di offrire una bottiglia perché avevo di fronte persone deferenti e ossequiose. Ma non dissi neppure questo. 

Capii che non c’era tempo per farlo. Dario era eccitato come doveva esserlo un ragazzino alla vigilia dell'inizio delle vacanze scolastiche. Non vedeva il momento di tornare in paese. Chissà da quanto tempo si scervellava con questo problema. Il mio arrivo gli aveva dato una carica fuori dal comune. Glielo leggevo negli occhi. 


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"Grazie per la lettura" 

Il male tra gli ontani in vetrina (tutti i capitoli pubblicati)

10 commenti:

  1. Ci sono dei passaggi davvero deliziosi. Mi piace questa storia

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  2. Anche a me piace molto, se fosse un libro penso che lo leggerei tutto d'un fiato!! Buona giornata Ferruccio

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    1. L'ho finito. Ora lo pubblico a puntate, poi arriva il libro...
      Grazie Anna

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  3. Penso che per usare certi termini tu sia molto ben informato sui serpenti e che scriverne poi un libro non può che farti onore. Quindi mi accodo a Gianni nel dirti: bravo!

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    1. Gianni Olivo è un erpetologo e un esperto di rettili (ha scritto diversi libri https://livingstoneisuppose.jimdo.com/i-miei-libri/
      ), il suo "giudizio" mi riempie di orgoglio. Come naturalmente trovo prezioso il tuo e anche il tempo che mi dedichi. Grazie Maria

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    2. Ecco un'altra bella scoperta! Grazie ho già dato un'occhiata e piano piano lo leggerò e aprirò questo mio piccolo cervello chiuso spesso nella mediocrità.
      Sono capitata anche sul suo blog "Storie di volo"
      Queste scoperte mi entusiasmano. Grazie ad entrambi.

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