giovedì 16 maggio 2019

Il gatto che sognava di essere un delfino - Ventinovesimo capitolo

Siamo giunti al Ventinovesimo capitolo con Il gatto che sognava di essere un delfino. Le avventure di Mic non sono finite come non sono finite le sue sette vite. Senza cambiare il resto dell'introduzione vi ricordo che potete rileggere il romanzo dall'inizio. Se si tratta della prima volta che capitate sul mio blog attirati da questo titolo, non rovinatevi la lettura, ripartite dall'inizio. Per facilitare il compito potete saltare al post Il gatto che sognava di essere un delfino in vetrina che troverete alla fine di questo post. Oppure seguite l'etichetta. 


----- Capitolo Ventinove ----- 

A proposito di schiattare, quando sento dire da qualcuno che i gatti hanno sette vite, sorrido. Ne abbiamo molte di più. 

Durante la mia esistenza ero stato dato per morto almeno trenta volte ed ero stato coinvolto in un centinaio di incidenti, più o meno gravi. 

Ora ho quasi undici anni - circa sessant'anni degli esseri umani - significa che in vita mia ho subito una media di un incidente al mese. 

Spesso me la sono cavata per il rotto della cuffia. 

Una volta mi ero buttato da un palazzo di quattro piani finendo nei cespugli del giardino che lo circondavano. Non so come avevo fatto a restare vivo. Tutto per colpa di una gatta. Era in estro. La sua padrona non voleva la fecondassero e la teneva segregata in un solaio come una monaca di clausura. 

Capitai lì, come logico che fosse, annusando l’odore che emanava prima di sentire i suoi lamenti. Ma quella strega della padrona era peggio della guardie svizzere del Papa. Non la mollava un istante. Mi rincorse nella penombra del solaio con uno spazzolone per pavimenti. Individuai il primo buco possibile e mi infilai dentro. Era una botola d’apertura sulla parete. Finii di sotto senza neanche accorgermi di quello che stava succedendo e del salto che mi trovai a fare. 

Grazie al cielo noi gatti sappiamo come fare ad atterrare senza romperci le ossa. 

Dal davanzale della finestra di cucina non andava meglio. Da lì sono precipitato in strada diverse volte. Mi era sempre andata bene, a parte un po’ di vergogna. 

Dopotutto,  era uno dei miei luoghi di isolamento preferiti e non potevo fare a meno di salirci tutte le volte che fuori faceva caldo, quando Lisa lavava i piatti e quando trovavo la finestra lasciata aperta. Lei non voleva ma per me era un’attrazione irresistibile. 

Non ricordo tutte le volte che in vita mia qualcuno mi aveva calpestato la coda, come era quasi impossibile rammendare tutte le perdite che ho subito nelle battaglie con gli altri gatti. 

Ne avevo date molte ma ne avevo preso a raffica. Mi ero rotto una zampa e la mia coda era tutta sbilenca. Le orecchie erano tutte fracassate e sotto l’occhio sinistro avevo una cicatrice. 

Marco a volte diceva che sembravo un pugile suonato. 

Non ho mai visto un pugile da vicino, li ho visti solo in televisione, ma è un paragone che mi piace. 


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"Grazie per la lettura" 

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8 commenti:

  1. Mi hai fatto ridere. Mi ci voleva. Grazie e buona giornata a te

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  2. Si hai fatto ridere anche me! Mic è saggio ma anche simpatico, due grandi doti! Grazie Ferruccio per aver portato il buon umore, un saluto!

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  3. Vorrei un gatto così! Alessia

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  4. A quanto pare, Mic non è uno di quei gatti bonaccioni, adatti a persone che vogliono condurre una vita tranquilla e serena.

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    Risposte
    1. "L'esaltazione della propria natura è"
      Pare una risposta di Yoda :-D
      Grazie Gennaro

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