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Nino di Mei |
Dal mio punto di vista una comunicazione ideale dovrebbe eliminare al massimo l'uso di aggettivi. Se il testo è chiaro e scritto con le parole giuste non ha bisogno di termini per aumentare o diminuire l'enfasi di un concetto.
Ribatto sempre e rimango sconcertato quando leggo testi e commenti sul web che abbondano di aggettivi. Mi sembra che il testo stoni e non sia vero. In maniera più evidente bisognerebbe mettere il cappio ai superlativi. Non bisognerebbe usare aggettivi superlativi nella comunicazione. Non servono. Danno fastidio e non rendono onore. Andrebbero limitati alla grande.
I nomi stanno in piedi lo stesso e l'incisività del messaggio non ne sarà penalizzata. D'altra parte nulla come un aggettivo superfluo toglie credibilità e aggiunge superficialità e quindi poca autorevolezza a ciò che si è scritto.
Quindi se il messaggio che dovete trasmettere vuole essere preciso bisogna stare attenti a ciò che si mette nello scritto. Per conto mio non bisogna usare aggettivi neppure nel commentare e nel rispondere ai commenti: si corre il rischio di passare per adulatori e faziosi molto facilmente.
E sapete cosa può significare questo al giorno d'oggi.
Sempre che non siate dei William Faulkner in erba. Lui gli aggettivi li usava tre a tre, ma Faulkner era di un'altra pasta...
Da’ un po’ dopo le due sin quasi al tramonto del lungo immoto afoso estenuato morto pomeriggio di settembre rimasero seduti in quello che Miss Coldfield chiamava ancora l’ufficio perché così l’aveva chiamato suo padre — una buia stanza calda senz’aria con le persiane tutte chiuse e inchiavardate da quarantatré estati perché quand’era ragazza lei qualcuno era convinto che la luce e l’aria mossa portassero calore e che al buio facesse comunque più fresco, una stanza che (come il sole andava battendo sempre più piano su quel lato della casa) si zebrava di lame gialle dense di pulviscolo che Quentin pensava formato di minuscole scaglie della stessa vecchia vernice rinsecchita e morta in via di scrostarsi dalle persiane e sospinta all’interno come dalla forza del vento...
William Faulkner - Assalonne, Assalonne!
"Grazie per la lettura"
Faulkner, quando il rafforzativo, evocativo e incisivo, paga. ;)
RispondiEliminaNon si risparmiava
EliminaCiao Ferruccio, mi ha colpita la frase "i nomi stanno in piedi lo stesso". Visto che questo è anche un mio problema, vedrò di ridurli, in effetti non servono. Grazie mille, e buona giornata!
RispondiEliminaSono le lezioni di Hemingway, ma io sono un suo fan: però troppi aggettivi sanno di retorica
EliminaGrazie Anna
Sì, in verità in molti casi sono stucchevoli... Faulkener abbondava per un verso, ma era parsimonioso con le virgole. A meno che non pensasse che i suoi lettori avessero polmoni da ciclista o cantante lirico.
RispondiEliminaFaulkner aveva trovato un modo fantastico per abbindolare e affascinare i suoi lettori. Ho messo questo esempio, ma il suo mondo letterario è pieno di pagine come queste: penso a Palme Selvagge o alla descrizione di Eula Warner ne Il borgo. Garcia Marquez l'ha studiato e "copiato" non poco
EliminaEh beh, quello è stile: è tutt'altra cosa :D
RispondiEliminaMoz-
Be' questo post è un messaggio un po' velato per chi usa aggettivi a sproposito. :-D
EliminaGrazie Moz-
Sono abbastanza d'accordo. Un'altra cosa che io ridurrei moltissimo sono le similitudini che tra l'altro molte volte sono forzate.
RispondiEliminaNon mi danno molto fastidio come invece non accade con certi aggettivi gratuiti
EliminaGrazie Kuku