----- Capitolo Tredici -----
A settembre del quinto anno della mia vita, un'età più o meno paragonabile ai quarant'anni degli esseri umani, nel quartiere comparve un gatto nuovo.
Sembrava una tigre, per colore e dimensioni.
Cominciò a girare nel mio territorio facendola da padrone.
In giro si diceva fosse originario della Brianza. I suoi padroni, arrivati alla pensione, avevano deciso di trasferirsi in paese, e il gatto era stato obbligato a seguirli.
Non mi piacque per niente la faccenda. Avevo impiegato due stagioni nel mettere in piedi una struttura degna di un boss e adesso correvo il rischio di vedermi usurpare il ruolo.
Quell’animale stava principalmente sdraiato su una piazzola al sole di fronte alla casa dove abitava. Sulle prime pensai doveva trattarsi di un animale tranquillo e molto pacifico. Il classico gatto scemo e obeso.
Tutte balle.
Ora, per diverso tempo evitai lo scontro fisico. Quando l’incontravo per strada, di notte, era un tripudio di lamentele da una parte e dall’altra ma mai un’aperta battaglia di graffi e morsi.
Era più grosso di me e potevamo trascorrere minuti e minuti uno di fronte all’altro a miagolare con lamenti profondi solo per impressionarci a vicenda. Facevamo una gara capace di tenere sveglio un intero isolato. Il primo che si stufava se ne andava e si ricominciava la volta successiva.
Evitammo le zuffe il più a lungo possibile. Finché un giorno, la Tigre, così lo chiamavo, giunse a orinare sopra la mia orina che avevo lasciato in uno dei miei campi di attività preferiti.
A noi gatti non dovete toccare la zone di comfort, o meglio certe aree precise del nostro territorio. Potremmo anche morire per riavere quel pezzo di terra.
Quella volta ne uscii a pezzi. Fu una delle risse peggiori che ricordo di avere affrontato. Tigre però non lo vidi più. Scomparve per colpa delle ferite riportate. Magari morì, ma non ci tengo a passare alla storia come assassino di uno dei miei simili. Già ho sulla coscienza una miriade di altri esseri e preferisco pensare che sia stata una forma di legittima difesa.
D’altronde quella volta tornai a casa più morto che vivo. Il sangue mi usciva a fiotti dal collo e la zampa destra era letteralmente scorticata.
Fu la volta che mi ruppi la coda per sempre.
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"Grazie per la lettura"
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--->> Il gatto che sognava di essere un delfino in vetrina
Più di una volta ho assistito per strada a scene di combattimenti tra gatti. Iniziano a guardarsi fisso negli occhi, con la schiena arcuata e il pelo irsuto, poi, improvvisamente, la zuffa. Ogni volta me ne sto alla larga, non si sa mai, mi dovessero scambiare per un invasore 🐱
RispondiEliminaTi capisco molto bene.
EliminaGrazie Gennaro
Tremendo!
RispondiEliminaAlessia
Ma no! Povero gattino! Un saluto
RispondiEliminaCiao Anna, grazie!
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