----- Capitolo Otto -----
Giocavo molto da cucciolo. Il gioco più bello e divertente che facevo era quello di rincorrere una pallina ricavata con la carta delle bustine contenente i filtri della camomilla.
Lisa era solita prepararsi una tisana prima di andare a dormire e quando si resero conto che io impazzivo a rincorrere e a zampettare dietro quel giocattolo realizzato con cura da Marco ci divertimmo un mondo.
Mi piaceva perché quando la colpivo faceva uno strano schiocco e correva sul pavimento come un ratto. Non durava a lungo la faccenda. Dopo dieci minuti, o un quarto d’ora al massimo, ero stanco morto. Quei dieci minuti tuttavia erano una delizia.
Marco era convinto che un giorno o l’altro sarebbe riuscito ad ammaestrarmi, tutto perché a volte prendevo la pallina, gliela riportavo e miagolavo facendogli capire che doveva rilanciarla come si usa fare con i cani quando gli lanciano i bastoni.
«Potremmo portarlo in televisione» diceva. «Siamo i soli a possedere un gatto ammaestrato. È un gatto da circo. Sai quanti soldi potremmo fare?»
Rideva e lanciava la pallina. Era un bambino in quei momenti. Dovevate vedere come si comportava quando spingevo la pallina sotto qualche mobile e non riuscivo più ad afferrarla. Si sdraiava in terra vicino e faceva il possibile per riprenderla affinché io potessi ricominciare a giocare, mentre Lisa ci guardava sorridente appoggiata allo stipite della porta.
Immagino sappiate che per me si trattava di un qualcosa puramente istintivo. Gli inseguimenti, il rincorrere una pallina, giocare in qualche modo, non era altro che un imprinting presente nel mio inconscio da sempre.
Dubito che mi sarebbe servito invero, anche perché non avrei mai dovuto cacciare per mangiare. Non mi mancava nulla in quella casa.
Una volta udii Lisa e Marco farmi i conti della serva in tasca. Per scherzo, naturalmente, mica pretendevano davvero dei soldi. Costavo in media due euro ogni giorno. Circa sessanta euro ogni mese. Un conto frutto della carne, del latte, delle uova, del prosciutto, dei croccantini, delle aspirine, degli antibiotici e di un milione di altre cose. Sessanta moltiplicato per dodici, se non sbaglio, fa settecento venti euro per ogni anno. La somma va poi moltiplicata per undici: gli anni che ho vissuto lì.
Alla fine di tutto arriviamo a un costo di settemila ottocento e quaranta euro. Già sono molti per chiunque da sborsare per un gatto, ma io credo che, per me, sia una voce economica al ribasso e siano stati molti di più i soldi spesi.
Insomma ero un gatto figlio di papà. Se avessi potuto parlare e chiedere mi avrebbero offerto anche latte di gallina.
Ero viziato.
Lisa e Marco mi compravano la fesa di tacchino e il prosciutto migliore. Mi davano il latte sempre fresco. Una volta la settimana avevo il tuorlo di un uovo, e poi panna spray e carne in scatola di quella più buona.
Ho mangiato panettone senza uvette e leccato torte di mele. Bastava miagolare davanti a uno di loro due per ottenere qualsiasi cosa.
Non mi è mancato nulla in quella casa.
Dovrebbero apprenderlo anche gli umani. La gente dovrebbe imparate a chiedere, senza paure di sorta. Dovrebbe chiedere qualsiasi cosa desidera senza ipocrisia. Io penso che sia meglio apparire come un deficiente perché hai chiesto una cosa stupida che esserlo davvero perché hai paura a chiedere e non hai domandato nulla. La gente dovrebbe ricordare che se non chiede non potrà mai avere.
Male che vada dicono di no.
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"Grazie per la lettura"
Mi sono resa conto che aspetto con piacere i racconti di questo gattino, e quabdo vedo il post vado subito a leggerlo. E' vero quante volte abbiamo paura di chiedere, e quante volte abbiamo paura di disturbare! Molto bello Ferrucio aspetto il prossimo capitolo, intanto per oggi ho qualcosa su cui meditare!
RispondiEliminaGrazie davvero Anna!
EliminaEhi, tu, figlio di papà, ci manca solo che Lisa e Marco ti regalino il rolex, poi sarai un perfetto gatto-comunista da salotto ... Ma che faccio, mo' mi metto a parlare coi gatti?! :-)
RispondiEliminaahhaah, no, no vedrai che non fa politica
EliminaGuarda, non immagini il piacere che mi ha procurato questa tua risata. Tu che sei sempre così impeccabilmente forbito e formale, finalmente ti sei sciolto, per me questa è una grande vittoria, sempre con affetto parlando, ovviamente. :-)
EliminaGrazie Gennaro, un abbraccio!
EliminaBel micione!!!! Mi sembra di sentire parlare i miei se potessero, Sarà che invecchio ma sto dando più vizi a lor (e a Papaya) di quanti ne abbua dati alla figlia quando era piccola ahahahhaha
RispondiEliminaChiedere... imparare a chiedere... giusto! Gli altri non possono sapere sempre cosa vogliamo, cosa ci serve, cosa di è utile, -Se non chiediamo non lo avremo mai
Te l'ho detto già che il micio doveva chiamarsi Salomone ahahahahh
Aspetto la prossima puntata :)
Grazie PaT
Eliminagatto viziato....e che gatto di casa non lo è??? ma Mic è fantastico, aspetto le sue puntate come una ragazzina
RispondiEliminaGrazie Cinzia!
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