sabato 15 settembre 2018

Maggengo in vetrina

Tra i post carichi di intimismo che a volte caratterizzano i contenuti del mio blog c'è Buen retiro, un articolo risalente a giugno del 2011 dove parlo in maniera un po' nostalgica di un maggengo dove ero solito trascorrere le vacanze estive quando ero bambino. Il luogo è ben presente ed è raccontato in altri post su Otium e anche nell'arte di mio padre, tanto che oggi, in vetrina, vi presento tre lavori: una tela a olio, un pastello e un disegno a china. Non sono tutti qui, tuttavia. Ce sono diversi altri lavori in giro. 

Da bambino, finite le scuola, andavo a Domando. Un maggengo distante mezz'ora di cammino da casa. Ora è possibile arrivarci grazie a un nuovo sterrato, percorribile pure dalle auto, ma allora bisognava andare a piedi, percorrendo una mulattiera tra faggi e castagni. 


Si restava lì da dalla fine di giugno sino alla fine di agosto: due mesi in mezzo alla natura, con pochissimi rientri in paese. In quegli anni, lassù, non c'era l'acqua corrente e la luce era data dalle lampade a olio e a carburo che si accendevano al tramonto e solo in seguito si passò prima alla luce a gas e poi ai pannelli solari. Potete quindi immaginare come ci si sentisse. 

Ci si lavava alla fonte o al torrente poco distante e si trascorreva il tempo a giocare o a leggere fumetti, quando pioveva. A parte la fienagione, la raccolta delle legna e cose del genere, tutto il resto era dedicato alle cose di noi bambini. 

Non c'era la televisione e alla sera si andava a dormire presto, anche perché con il buio non si poteva fare molto. Non c'erano i rumori delle auto e neppure le luci dei lampioni e a volte, nel cuore della notte, eri svegliato da qualche animale selvatico in cerca di cibo che entrava da basso nella stalla o che graffiava la porta. 


Tutto era molto semplice e le giornate erano lunghe e non volevano mai finire ed erano interrotte soltanto da qualche temporale estivo, da qualche saettone che si infilava nella stalla o che strisciava nel prato vicino, da qualche piccolo incidente o da qualche perentorio ordine della mamma che aveva bisogno di qualcosa. 

Il luogo piaceva molto anche a mio papà e ricordo che negli ultimi tempi, prima dalla malattia che lo ha portato alla morte, ha trascorso molto tempo da solo su alla baita. Ci andava appena era possibile. Dipingeva, scriveva, rifletteva e chissà che altro ancora, ma ha lasciato un po' di magia in questi lavori... 

Purtroppo da un paio di anni, ho smesso anch'io di andarci. Non rivedo e non riprovo più la poesia di allora. 



"Grazie per la lettura"

12 commenti:

  1. Se non riprovi più l'amore che avevi prima forse è il momento di chiudere la storia.
    Non ci sono più nemmeno i fantasmi dei ricordi?
    Post molto malinconico.
    Disegni bellissimi.
    Buon weekend

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  2. I ricordi sono importanti, ma secondo me è impossibile riuscire a conservarli intatti senza operare una forzatura. Le cose cambiano e noi cambiamo, ma il valore di ciò che è stato resta. Mi sembra bello così.

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  3. Ricordi... noi siamo anche i nostri ricordi ed è giusto così

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