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Nino di Mei |
Era tardi e dentro il locale non ci stava una luce accesa, a parte una lampada che illuminava i tavoli in fondo alla sala e il riflesso di una piccola scritta fluorescente che brillava sulla porta della toilette.
Ora, il cameriere aveva spento la macchina del caffè e si era seduto nella penombra, su uno sgabello, dietro la cassa. Aveva uno straccio in mano e attendeva che i due uomini seduti a un tavolo, finissero di giocare a carte, si alzassero, pagassero il conto e andassero via.
Uno dei due uomini era anziano, elegante e impettito. Per tutto il tempo non si era mai tolto la giacca. Si era alzato per andare in bagno e un paio di volte a fumare sul terrazzo. Aveva ancora un po’ di vino nel bicchiere e i resti di un panino con del salame in un piattino che teneva alla sua destra.
L’altro era un giovanotto. Non si era mai mosso. Era in maniche di camicia adesso e portava un cappello da cowboy preso chissà dove e si limitava a passare la carte da una mano all’altra senza guardarle. Per non sgualcirla, aveva piegato la giacca sui braccioli della sedia a fianco. Pareva non avere fretta. Ogni tanto, alzava la testa e volgeva lo sguardo verso la soglia del locale senza guardare il cameriere. A volte, invece, guardava il suo avversario negli occhi. Ora gli mancava soltanto una mano vincente, per chiudere il conto e la serata.
Aspettò che il signore giocasse la sua carta prima di scegliere la strategia da usare. Con attenzione e lucidità e scrupolo decise come agire. Alla fine si prese tutto. Fece diverse scope a cui aggiunse il Settebello e la Primiera.
L'uomo anziano allargò le braccia e gli fece i complimenti. Poi si alzò e si diresse alla cassa.
Il giovanotto l'osservò mentre pagava, ma rimase al suo posto. Si alzò soltanto quando il signore impettito ebbe lasciato il locale.
«Dammi quel ridicolo cappello» gli disse il cameriere.
Il giovanotto lo prese per la falda con entrambe le mani e se lo levò. Lo posò sul banco asciutto. «Chissà cosa volevo fare con 'sto cappello da cowboy!»
«Un duello!»
«Un duello?»
«Sembrava un duello: non dovevi batterlo!»
«Non sa giocare.»
Il cameriere scrollò le spalle. «Te la farà pagare.»
«Lo ha già fatto.»
«Come?»
Il giovanotto sorrise. «Mi ha licenziato.»
«Dici sul serio?»
«Pensi che avrei trascorso la serata con quel vecchio rammollito soltanto per giocare a carte?»
«Scherzi?»
«Pensi abbia voglia di scherzare?»
«Che bastardo.»
«Colpa della crisi: si dice così, no?»
Il cameriere scosse il capo.
Il giovanotto alzò le spalle.
«Ora?» chiese il cameriere.
«Domani ci penserò, adesso voglio soltanto andare a dormire.»
Il cameriere annuì.
Il giovanotto lo salutò con un cenno della mano, poi uscì in strada e si avviò a piedi. Non era contento. Ora sarebbe andato a casa. Non ci avrebbe messo molto. Sua moglie magari era sveglia e ci avrebbe litigato un po’ prima di mettersi a dormire. Non aveva mai vinto troppo dopotutto nella vita, nonostante a carte fosse imbattibile.
Vi voglio bene
Grazie
Ma, la posta in gioco era per caso il "tfr" del giovanotto? Comunque, potrà anche essere imbattibile a carte, perché il destino gli dà le carte giuste, ma questo non vuol dire che nella vita sia un vincitore. Già gli va bene se la moglie non lo caccia di casa ... ^_^
RispondiEliminaLe carte e il gioco della vita
EliminaVuole sapere, una buona parte iniziale del racconto mi ha ricordato la descrizione di un'altro dei suoi,e non capivo se rileggevo inconsciamente il suo stile o il vecchio racconto!
RispondiEliminaRimangono comunque i dettagli precisi che armonizzano la lettura e il coinvolgimento emotivo verso ciò che leggo...ciao
L.
Credo sia lo stile, non mi ricordo di avere in giro un racconto simile
EliminaUn duello dei giorni nostri, praticamente.
RispondiEliminaMoz-
Già!
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