sabato 10 febbraio 2018

San Valentino in gabbia

Nino di Mei
Sabato con la vetrina e con il consueto Racconto Artistico. Il titolo della storia odierna è "San Valentino in gabbia". 
Facile immaginare la tematica, anche se.... 
Come al solito a fare da ispirazione abbiamo un lavoro di Nino di Mei: un semplice disegno a china e matita. Buona lettura. 

Il giorno di San Valentino la ragazza giunse a trovarlo. La vide arrivare per strada al freddo, mentre guardava dalla finestra del salotto. Era solo e convalescente. L’aspettava. 

Si mise la sciarpa al collo, uscì sul pianerottolo, scese i quattro scalini e andò ad aprire il portone. 

La ragazza lo guardò e poi sorrise: aveva le guance rosse e lo zaino, con i compiti scolastici di due settimane, sulle spalle. 

Lui le prese lo zaino e la fece entrare in casa. 

Si fermarono nel corridoio davanti allo specchio. La ragazza si levò il piumino e lo mise sull’attaccapanni. Lui si tolse la sciarpa e la posò sopra il piumino. Poi andarono in cucina e sedettero attorno al tavolo. Lei di fronte a lui nella grande cucina con la stufa accesa. 

«Stai meglio?» lei chiese. 

«Settimana prossima dovrei tornare a scuola. Ormai sono guarito. Tu?»
  
La ragazza alzò le spalle e sorrise un'altra volta. Sorrideva ogni volta che lui parlava o la guardava. Prese lo zaino, lo posò sul tavolo e l'aprì. Tolse un paio di quaderni con le copertine colorate, senza macchie e senza orecchie, tipici delle ragazze ordinate. 

Adesso c’erano da fare dieci giorni di esercizi di matematica e bisognava approfondire una ricerca di storia medioevale. 

Lui l’ascoltava mentre parlava. Gli piaceva il tono di voce della sua compagna di banco. Gli piaceva anche come spiegava a fare i conti. Gli piaceva quando parlava di Guelfi e Ghibellini. 

Era una ragazza deliziosa. Pensò che forse era così che ci si innamorava. Magari il fatto che fosse San Valentino aveva il suo significato recondito. Non riusciva a non guardarla. 

«Mi stai seguendo?» lei chiese. 

Lui annuì. 

Lei sorrise. 

Era davvero bella quando sorrideva. Forse era così che ci si innamorava. 

Studiarono sodo un paio di ore. E ogni volta che lui chiedeva qualcosa lei sorrideva, ma non lo sgridava. Ogni tanto lui si perdeva a guardarla. Lei sorrideva, ma non lo umiliava. 

Smisero quando rientrò sua madre. 

Lui si alzò e lasciò le donne sole in cucina a parlare dei loro fatti. Andò in camera sua e accese la luce. Il canarino iniziò a cinguettare. Lui si avvicinò alla gabbia e con l’indice inizio a stuzzicarlo. Il canarino scambiava il dito per un osso di seppia e cercava di beccarlo. Era un gioco che facevano tutti i giorni. 

«Non sapevo avessi un canarino» udì. 

Si girò. 

La ragazza era sull’uscio della stanza. «Mi fanno tenerezza chiusi in una gabbia.» 

«Oh, è felice così.» 

«Ti prego fallo uscire.» 

«Morirebbe fuori dalla gabbia.» 

«Ti prego» lei implorò, «ti do un bacio se lo liberi!»

Lui non disse nulla. Forse era così che ci si innamorava. 


Vi voglio bene. 

Grazie.

5 commenti:

  1. Buongiorno!

    "......non sapevo avessi un canarino,mi fanno tenerezza chiusi in una gabbia..."

    La ragazza non esitò minimamente ,prese la gabbia ....si avvicinò alla finestra ,la spalancò e aprendo lo sportellino della gabbia liberò il canarino!

    Accadde talmente tutto così velocemente che il ragazzo ebbe solo modo di conoscere in brevissimo tempo, la purezza dell'amore attraverso la libertà senza nessuna prigione!!


    Questi racconto ha evocato dei ricordi in me....e mi è venuto talmente spontaneo entrarci dentro per poterne uscire "fuori"..

    Chiedo profondamente scusa ....e la ringrazio sempre!

    L.

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