sabato 6 gennaio 2018

Vivere di musica

Nino di Mei
Tornano questo sabato, nella vetrina settimanale, i Racconti artistici. Ne abbiamo uno dal titolo Vivere di musica, ispirato a un acquerello di Nino di Mei. Buona lettura: 

La sala musica era stata ricavata sul retro della chiesa dove una volta c’era la canonica. Era la base operativa di tutte le associazioni sociali e sportive del paese. Per arrivarci bisognava salire una stretta e scura rampa di scale posta all'interno di una tromba senza finestre e con un solo abbaino in alto. Salendo, sentivi rimbombare l'eco dei tuoi passi sugli scalini di legno. 

Mi presentai con mio fratello maggiore in un giorno d’inizio estate. Le scuole erano terminate e pareva essere il momento migliore per gettarsi in una nuova avventura. Era stato nostro padre a convincerci: lui suonava il primo clarinetto e guidava la banda quando il maestro non c’era. 

Il maestro ci aspettava, elegante e autorevole, seduto al suo posto. Giungeva da Lecco una volta la settimana, il mercoledì. Dalle nove di sera sino alle undici faceva le prove per i concerti con i musicanti della banda vera e propria. Nelle due ore precedenti se la vedeva con gli allievi. Forse non cenava neppure. 

Non c’erano ragazzini della mia età nella banda e temevo che il maestro non mi facesse entrare. Sapevo quanto fosse severo. Pretendeva molto e non voleva fannulloni intorno e magari non si fidava dei bambini. 

Attesi, in piedi, che parlasse prima con mio fratello. Nel frattempo, osservai la sala. 

Le sedie, con davanti i leggii, erano disposte a semicerchio come si vedeva in televisione certe volte per le orchestre. Sul fondo c’erano la gran cassa e i bassotuba lucidi e brillanti. Molti altri strumenti erano sistemati nelle custodie sulle sedie. In due grossi armadi posti lateralmente erano custoditi gli spartiti, i libretti musicali e il materiale di prima necessità per gli strumenti musicali: ance, bocchini e altri aggeggi. 

Tutto era in ordine, pulito,  molto solenne e con un odore strano. 

Non mi accorsi quando arrivò il mio turno. Stavo guardando il soffitto particolare della sala e i giochi di luce del sole sulle finestre. 

Udii la voce del maestro. Mi voltai e lo guardai. 

Chiese quale fosse il mio nome. 

Glielo dissi. 

«Conosci la musica?» 

«Un poco.» 

«Sai solfeggiare?» 

«Un poco.» 

«Sai suonare uno strumento?» 

«Il flauto di legno.» 

«Cosa vorresti suonare?» 

Gli risposi che non lo sapevo. 

«Ti piacerebbe suonare il sassofono?» 

Esitai. Nei giorni precedenti mio padre mi aveva parlato del flauto traverso. Magari con il flauto sarei diventato bravo. Il sassofono mi sembrava uno strumento impegnativo ma d’importanza secondaria. Forse non era adatto a me. 

«Avrei bisogno di un sassofono soprano» continuò il maestro. «Serve per gli “assolo”, al posto dell’oboe, ti andrebbe di suonarlo?» 

Non sapevo cosa rispondere. 

«Saresti il primo a poterlo fare nella banda.» 

Gli dissi il nome di alcune persone della banda che suonavano il sassofono. 

Il maestro sorrise. «Quelli sono contralti e tenori. Il sassofono soprano e diritto e piccolo. Adatto a te. Farai faville, ne sono sicuro.» 

Guardai mio fratello. A lui era stato assegnato il clarinetto. Sembrava impressionato ma non disse nulla. 

Non mi disse nulla neppure tornando a casa. Il sole tramontava e lasciai che mi precedesse tra le strettoie del paese. 

Io pensavo al sassofono e quello che aveva detto il maestro. Magari sarei davvero diventato un musicista famoso e avrei fatto i soldi grazie alla musica. 

Era bello pensarlo. 

Per il momento, tuttavia, dovevo soltanto decidere se accettare di suonarlo o meno. 

Vi voglio bene. 

Grazie.

7 commenti:

  1. Eheh, spero che alla fine il protagonista abbia accettato.
    Anche solo per passare un'estate diversa ;)

    Moz-

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    1. Sì, ha accettato. Lo suona ancora ma non ha fatto i soldi con il sassofono soprano :-D

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  2. Bello questo ma merita una continuazione!

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  3. È una storia vera? Lo chiedo per la risposta data a Moz.
    È un bel racconto, e mi piace molto l'acquerello che ti ha ispirato, mi dà uno strano senso di libertà e convivialità messe insieme.
    Buona domenica.
    Marina

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