Più di una volta guardando un film mi sono accorto di distogliere lo sguardo perché impaurito. Ricordo momenti e situazioni in cui ho spento la televisione e mi sono messo a fare dell’altro perché turbato o colpito da qualche scena, indipendentemente dal genere di film che stavo vedendo - non propriamente dell’orrore o del terrore per dirla tutta. Ricordo una volta al cinema una sequenza in cui sia io sia mio nipote sussultammo sulle poltrone della sala quando il Velociraptor uscì quasi dallo schermo mentre fece un balzo verso i piedi di uno dei protagonisti (il film era Jurassik Park).
---> Libri che fanno paura
Ci sono delle cose che non amo fare. Alcune importanti e alcune meno. È ovvio che le cose che devo fare per dovere – perlopiù quelle legate al lavoro - malgrado mi facciano soffrire, mi rassegno a svolgerle, ma per tutte le altre se posso esulo. Di sicuro, una delle più terribili cose che cerco di evitare è quella di recarmi da un dentista. Ho un terrore schifo verso i gabinetti odontoiatrici. Ho sempre paura di essere assimilato e trasformato in un Borg. Per fortuna da quando ho smesso di fumare (dieci anni ormai) l’esigenza di andare in un luogo simile non si è più presentata, ma vi giuro che appena sento un ticchettio in bocca sudo freddo.
---> Il più bel romanzo di fantascienza
Il mondo dei nativi americani mi ha affascinato sin da piccolo, da quando studiavo le varie tribù sugli albi di Tex Willer che compravo mensilmente (li possiedo ancora). Come scrittore più volte mi sono detto che sarei voluto nascere nel Dakota o nel Sudovest americano per poter scrivere una storia alla Elmore Leonard o alla Louis L’Amour. Ma così non è stato e mi devo accontentare, nella maggior parte dei casi, di scrivere delle storie western con venature weird e ucroniche.
---> Nativi Americani
A Marcel Proust bastava sentire il sapore sul palato di un dolce mangiato nell’infanzia per risvegliare la memoria, a me è bastato un post riguardante “Il nome della rosa”. Un post che neppure ha mandato i miei ricordi tanto indietro nel tempo, dato che l’episodio che voglio raccontare risale soltanto alla fine degli anni novanta. Riguarda il modo con il quale ho reperito il romanzo.
---> L’artiglio dell’inquisizione
Pinocchio. Le avventure di Pinocchio di Collodi. Lo ricordo bene. Avevo sette anni e lo trovai la mattina di Natale in un pacco regalo, vicino al presepe, assieme a una scatola di Lego e un paio di sci Kazama. Credevo ancora a Gesù Bambino e solo qualche anno più tardi seppi che il libro arrivava da una zia. Era un libro di grande formato, non un a4, era molto più grande. Aveva la copertina rigida blu e la scritta “Pinocchio” d’oro. Nessun disegno e nessuna figura in mostra; stavano all’interno del libro quelle, all’inizio di ogni capitolo.
---> Il primo libro non si scorda mai
Vi voglio bene.
Grazie.
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