Credo che al giorno d'oggi, nel mondo occidentale, tutti abbiano la possibilità di viaggiare e partendo da questo presupposto ritengo sia quasi impossibile non riuscire a comunicare anche in un paese in cui non si conosce la lingua.
Internet, i social, e la televisione hanno stravolto tutto, rendendo a livello comunicativo in apparenza tutto più facile.
Beninteso che intendo una comunicazione di carattere elementare: cose come chiedere da mangiare, da dormire, per andare dove bisogna andare e poco più.
Forse nel campo specifico di qualche esperto il discorso non è ancora così accentuato anche se ci manca poco pure sotto questo aspetto.
Puoi andare in giro nelle strade di Amsterdam e farti capire, se non come un olandese, come un italiano trapiantato in Olanda. Lo stesso meccanismo funziona nelle calli in Spagna dialogando in castellano. O nei boulevard in Francia. O a Malta o in Brasile. O in Egitto. O in Patagonia.
Lo stesso succede sulle nostre strade. Guardatevi attorno. Sui viali incrociate gente di colore che parla il Wolof con sudamericani. A volte scorgete dei bergamaschi che parlano il dialetto con ambulanti cinesi. Poi ci sono i venditori di tappeti che parlano arabo e li capisci senza problemi, alla faccia dei luoghi comuni.
Suoni e toni di tutti i tipi.
Un qualcosa di bello, un qualcosa di comodo, certo, ma solo sino a un certo punto. Tra un centinaio di anni probabilmente l'italiano di adesso sarà molto diverso. E forse lo stesso accadrà per altre lingue. L'italiano sarà sempre più simile allo spagnolo con tante parole inglesizzate e cinesizzate.
O magari parleremo solo inglese e cinese. Proprio per questo diventa più importante il lavoro il lavoro dello scrittore. Il lavoro di chi scrive. Scrivere per non perdere la memoria. Scrivere per non perdere la storia.
Certe cose si conoscono solo per come sono scritte e non possono essere dimenticate. Non possono essere trasformate. Non si può pensare di vivere in un mondo di neologismi.
Vi voglio bene.
Grazie.
Ricordo e racconto sempre di un episodio durante una vacanza a Londra con mia moglie. Lei che tenta - e riesce, anche se a fatica - a farsi dare cartolina e francobollo da un tabaccaio col suo inglese approssimativo, e io che ottengo immediatamente quello che voglio chiedendo espressamente al rivenditore "Che ce l'hai 'na busta?", ma accompagnato con eloquente e manifesta gestualità manuale.
RispondiEliminaIl linguaggio dei gesti ci salverà un giorno.
Alla faccia della British School ;)
ahhaha, ti credo!
EliminaBeh, non è poi così diverso dal Totò di "noio volevam savoir"
RispondiEliminaIn fondo hai ragione: le lingue spariranno per abbattere ogni muro (resteranno solo in forma accademica)
Moz-
Già!
EliminaMi hai fatto venire i brividi. Io non parlo longue straniere. Adoro la mia linguamadre. Odio i ke, i xkè, odio sentire parole inglesi storpiate in un italiano imbastardito...
RispondiEliminaD'accordo. Non sono Dante e nemmeno Eco però... no, lasciatemi l'italiano come è e come deve essere.
Però una cosa mi consola. Quando e se il tuo scerario diventerà reale, io probabilmente saro già polvere e ne sarò felice.
La linguamadre è storia, è quella radice che ci lega al nostro personale passato. Senza mi sentirei orfana
chissà come sarà l'italiano tra duecento anni!
EliminaCredo che il mondo sarebbe infinitamente più ricco se lingue morte come il sumero, l'egizio e il greco si fossero conservate attraverso i secoli. Invece dobbiamo accontentarci di ricostruzioni ipotetiche.
RispondiEliminaVerissimo!
EliminaFiniremo tutti a parlare l'Entertainmento, la lingua dello spettacolo e dello sport :-D
RispondiEliminaNon è escluso!
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