giovedì 2 aprile 2015

Diciannove anni fa

Un quadro di mio padre
Più di una volta ho scritto sul mio blog che i post di tipo personale dovrebbero esser pubblicati con parsimonia. 
Anzi, forse non dovrebbero essere pubblicati per niente, ma oggi si tratta di una ricorrenza particolare, anche se poco piacevole e pensandoci mi sono ricordato di non aver mai parlato di questo fatto. 

Esattamente diciannove anni fa, il 2 aprile del 1996, moriva mio padre. Non fu una cosa inaspettata, era malato da tempo e si sapeva che la malattia era senza speranza e ce lo avrebbe portato via. Ci fu, così, per tutti noi che gli eravamo vicini la possibilità di abituarci all’idea, anche se in realtà non ci si abitua mai. 

Ora pensandoci ho ancora in mente con una lucidità impressionante i dettagli di quella giornata. Credo rimarranno per sempre. Mi basta concentrarmi un attimo per rivedere gli istanti come se fossi seduto al cinema davanti a uno schermo a vedere un film. 

Era un martedì, anche allora della Settimana Santa. Ero andato a Venezia quel giorno, come docente accompagnatore in una gita scolastica. 

Pioveva e faceva freddo. Ero già infatuato di Hemingway e dei suoi ritratti veneziani ed ero entusiasta di qui tre giorni da passare in laguna. Ricordo bene come ero vestito: indossavo dei jeans, una lacoste a maniche lunghe blu e un Barbour verde che puzzava all’inverosimile. 

Ricordo anche come scivolai sul pontile umido quando scesi dal vaporetto, prima di addentrarci nelle calli della città. Non finii in acqua, una delle persone che avevo vicino mi trattenne. Una breve sosta in piazza S. Marco per un panino e poi una visita al Palazzo Ducale

Fu lì che fui avvisato. 
Notai un signorina del personale del Palazzo avvicinarsi al nostro gruppo e quando fui avvicinato non dovette neppure spiegarsi. 

Capii subito che era successo qualcosa di grave. Chiamai a casa dieci minuti dopo. Mia cognata mi disse che non c’era più niente da fare: mio padre era stato portato dapprima in ospedale ma una volta giunto lì era stato rimandato a casa a morire. 

Be’ non so cosa stavo facendo quando lui spirò, non mi è mai importato l’ora precisa del suo decesso, forse guardavo un quadro o una parete all’interno del palazzo. Forse. 

Ricordo bene però l’ultima cosa che gli dissi, quella mattina all’alba, prima di partire per Venezia. Andai in camera sua, alzai la mano per salutarlo e dissi: 
«Ehi, non fare scherzi!». 
Lui sorrise. 

Grazie per la lettura!

16 commenti:

  1. Immagino tuo padre avesse la mano veloce nel dipingere, dato che come "modelle" quelle lì nel quadro non stanno ferme un attimo. Ma volevo dirti che le tue parole hanno "messo in moto" i miei pensieri a mio padre. E di questo ti ringrazio.

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  2. Certe giornate restano fissate nella memoria. Sono sicuro che tuo padre, mentre stavi dentro il Palazzo Ducale, ti è passato accanto per sussurrarti un saluto che si è confuso col brusio di fondo della sala.

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  3. Son ricordi che restano impressi per sempre questi,la morte di un caro non si accetterà mai...la mia mamma mori all'età di 25 anni e io non ne avevo ancora due,sicuramente non ho nessun ricordo ma so che mi è sempre accanto! Tu lo hai salutato chiedendogli di non fare scherzi,ma lui sono sicura è venuto a trovarti per un ultimo saluto!!!Complimenti per il quadro,un altro artista in famiglia,questione di DNA ;-)

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  4. Grazie per aver condiviso un ricordo personale così intenso.

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  5. Immagino come sia impressa nella memoria una giornata così.
    E', comunque, un post molto bello.
    Un abbraccio.

    Moz-

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    1. I post sentiti sono sempre i migliori, vorrei farli sempre così

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  6. Come si possono dimenticare certi momenti Ferruccio???
    Tra mille anni saranno ancora vivi in noi.
    Il mio era in ospedale. Ero andata a portare mia madre e a riportare a casa mio marito che gli aveva fatto la notte.
    Appena a casa, mia mamma ci telefona e siamo ripartiti. Quando siamo stati vicino al letto, ha esalato l'ultimo respiro. Come se ci avesse aspettato....
    Come si può dimenticare?

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  7. un ricordo indelebile ora pure per noi lettori...un abbraccio!

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  8. Grazie di avere condiviso un'esperienza così personale, che ho vissuto anch'io, in modo diverso. Hai ragione, per certe cose non si è mai pronti, ma al tempo ti avrei invidiato, perché nove giorni sono troppo pochi per fare fronte. Buona Pasqua!

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