giovedì 13 marzo 2014

Luca Tom Bilotta: come avere un bel nome da scrittore

Ci sono persone che nascono con un nome d’arte addosso. Lo scrittore Luca Tom Bilotta è uno di questi: appena lo senti nominare non lo dimentichi più. Io ho avuto modo di conoscerlo perché mi ha dato la possibilità di presentare il suo libro: “Biografia arancio sangue” sulla mia vetrina

Da quei giorni di fine giugno scorso di acqua sotto i ponti ne è passata. 

In primis il libro ha vinto un concorso internazionale per esordienti a settembre, in Finlandia, intitolato “I Nuovi Autori 2013” alla seconda edizione.  E ora il lancio in Italia del suo thriller - con il titolo definitivo “The orange hand”, per la casa editrice “David and Matthaus” - e il prossimo sbarco internazionale dell’opera. 

Da una cosa nasce cosa e incontrarlo per un’intervista è stato un passo quasi naturale. 


Tanto per cominciare come devo chiamarti o come preferisci essere chiamato: Tom… Luca…? 

Tanto per cominciare va benissimo Luca. Diciamo che Tom si può quasi definire un nome d’arte, voluto in ricordo di mio nonno che purtroppo non ho mai conosciuto. Mi è sembrato un passo naturale e doveroso aggiungere il suo nome accanto al mio.


Parliamo di libri: come è giusto che sia. Mi racconti la genesi di Biografia arancio sangue? O meglio di The orange hand, il suo titolo definitivo con cui uscirà in libreria con l’etichetta Ego edizioni di David and Matthaus

E’ figlio delle mie passioni: scrittura, storia contemporanea e aspetti della mia personalità. Partiamo dall’ultimo aspetto: sono sempre stato un “complottista”, vedo intrighi e sotterfugi ovunque… 
Anche al supermercato, quando confronto i prezzi dei prodotti! (ride, n.d.r.) Da qui l’idea di scrivere un libro che narrasse il mondo sotterraneo del mercato farmaceutico internazionale, aspetto sconosciuto ai più e di cui si parla pochissimo. 
Fra l’altro vedendo la cronaca odierna, non è poi tanto finzione: società multinazionali che fanno cartello sul mercato sono all’ordine del giorno e spesso bacchettate dall’Antitrust. Inoltre ho aggiunto un po’ di sangue e di storia: con flashback legati all’Argentina pre golpista e soprattutto alla guerra in Vietnam


 Il colore ricorrente arancio e il Vietnam sono aspetti collegati fra loro, giusto? 

Sì, da qui deriva il titolo dell’opera. Il background storico della trama è la creazione del composto chimico defoliante chiamato “Agente Arancio”, utilizzato dagli Usa sulle foreste vietnamite nel corso del conflitto: ha sterminato un’intera popolazione. Malattie genetiche, deformazioni e tumori della pelle. 
Eppure non se ne parla mai di questo genocidio, molti non conoscono quest’aspetto drammatico della storia contemporanea che ha ucciso anche migliaia di soldati americani, oltre che milioni di vietnamiti. Davvero è stato casuale? Siamo proprio sicuri che gli Stati Uniti non sapessero che quel prodotto da laboratorio fosse estremamente cancerogeno? 


Sei soddisfatto di come sta andando? 

Molto direi. In primis per aver vinto al primo libro scritto un premio internazionale dedicato agli scrittori esordienti: è una grande soddisfazione, che non capita tutti i giorni. Inoltre ci sono prospettive interessanti sia a livello nazionale sia internazionale per “The orange hand”. 
Insomma, tutto procede per il meglio. Devo, inoltre, ringraziare la mia nuova casa editrice David and Matthaus, che pubblicherà l’opera nei prossimi mesi con il marchio Ego Edizioni. L’uscita italiana non è ancora stata definita, ma probabilmente sarà a maggio.  


Hai dei rituali quando scrivi? 

Sinceramente no, salvo fumare qualche sigaretta. Non è un bell’esempio ma non posso farci nulla: è più forte di me… Del resto uno scrittore che si rispetti ha sempre una sigaretta in bocca mentre scrive, no? 


Scrivi di getto o pesi parola per parola? 

Sono un fiume in piena: di getto, poi ogni tanto mi fermo e rileggo. 


Come vedi il mercato editoriale in Italia? 

In difficoltà, ma prossimo a rinascere in altra veste. Purtroppo siamo una nazione composta da tanti scrittori e pochi lettori e dovrebbe, invece, essere il contrario. Però la qualità paga a mio avviso, quindi chi ha le doti prima o poi riesce ad emergere. Purtroppo le grandi case editrici non hanno il coraggio di puntare sui giovani, preferiscono gli scrittori esteri già affermati e con dati di vendita certi. 
Grazie al cielo ci sono realtà giovani e motivate che svolgono il ruolo di “talent scout” sul territorio italiano: saranno loro il “Rinascimento” dell’editoria. Fra questi includo anche David and Matthaus.


Ebook o cartaceo? 

Ebook per comodità, cartaceo per tradizione. Un vero lettore moderno che si rispetti dovrebbe leggere un libro in versione telematica durante il giorno e custodirne una copia cartacea a casa.


I tuoi scrittori ispiratori? 

Ken Follett indubbiamente. Sia per l’approccio stilistico e storico che riesce a dare alle proprie opere sia per l’imprenditorialità che è riuscito a mettere in campo nel mondo letterario. Oramai non scrive più da solo, bensì ha una serie di copy e storici che lo aiutano a realizzare i suoi libri. Si può definire un’imprenditore della scrittura, ammirevole e geniale! Poi direi il maestro del thriller nordico Jo Nesbo.  


Il più grande scrittore contemporaneo italiano? 

Difficile dirlo, però credo che meriti una lode Donato Carrisi. Lo seguo da tempo e sono contento che in questi ultimi anni sia riuscito ad ottenere il meritato successo. Poi ce ne sarebbero migliaia da citare in altri generi letterari, ma non voglio essere scontato…  


Progetti futuri? 

Sono in fase componitiva della sceneggiatura di “The orange hand” per un progetto interessante di cui potrò svelarvi qualcosa solo più avanti nel tempo… 
Mi sto occupando inoltre del sequel del mio primo libro, ambientato al parlamento europeo a Bruxelles. Ma potrei anche sorprendervi con un genere diverso, in cantiere c’è anche un’altra opera che nulla a che vedere con i thriller, diciamo romantico-generazionale…  Insomma porto avanti più cose contemporaneamente.


Bene, non ti chiedo altro, ti ringrazio e ti saluto lasciandoti alle prese con la mia solita domanda telepatica, ormai un must delle mie interviste, naturalmente vedi tu cosa vuoi rispondere. 

Cosa voglio rispondere? Beh, la domanda è facile: “Luca, in bocca al lupo e speriamo di vederti presto in libreria! E la mia risposta: Grazie a te, crepi! A maggio ci sarà il lancio italiano, quindi manca poco! Un abbraccio a te e a tutti i tuoi affezionati lettori… Fra l’altro, sarò scontato, ma ti porgo i miei complimenti per il lavoro che fai quotidianamente!

3 commenti:

  1. Bella e interessante intervista!

    Moz-

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  2. Ottima intervista come sempre, Ferru, da cui ben si comprende che fare lo scrittore è un lavoro a "tempo pieno". Infatti, occorre prima ideare le storie, poi scriverle e una volta pubblicate bisogna darsi da fare per la promozione e la vendita :-)

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