martedì 22 gennaio 2013

Non solo Il signore della pioggia

Ho conosciuto Giovanni Nebuloni in un modo davvero bizzarro. Tutto è nato da una foto del Pizzo Alto postato sulla mia pagina facebook. Non potevo sapere che uno dei suoi romanzi (Dio a perdere) è ambientato su quella montagna. 

Naturalmente un fatto simile ha suscitato il desiderio di approfondire la conoscenza dello scrittore e del personaggio… Così scopro che Giovanni vive e lavora a Milano. È proofreader di traduzioni da russo, tedesco ed inglese nella sua società. 

È inoltre il fondatore della Fact-Finding Writing (Scrittura conoscitiva). Come autore, ha all’attivo sei romanzi, l’ultimo dei quali, Viaggi inattesi appena uscito, gennaio 2013. 

È un onore, per me, ospitare uno scrittore di tale spessore sul mio blog. 

Ciao Giovanni, benvenuto, ti andrebbe di dire ai miei lettori qualcosa su di te? 

Certo. 


Sei romanzi, l’ultimo dei quali “Viaggi inattesi” è stato pubblicato - come già scritto nella premessa - in questi giorni: da dove nasce questa fame di scrittura? 

Semplicemente, credo d’avere storie da raccontare. 


Ti andrebbe di raccontare la genesi di Viaggi inattesi? 

Dovevo donare qualcosa al paese, Vanzago (MI), dove ho vissuto infanzia e adolescenze felici. Ho iniziato a rammentare i compagni delle elementari. Nei pressi di Vanzago, c’è ancora un istituto di ricerche biologiche e, amante di Montsegur (Francia), Neblina (Venezuela) e del fado portoghese, ho ricamato un po'. 


A quale dei tuoi romanzi di senti più legato? 

A tutti e sei indistintamente: La polvere eterna (2007), Il disco di Nebra (2008), Fiume di luce (2008), Dio a perdere (2011), Il Signore della pioggia (2012) e Viaggi inattesi (2013) per me, che realmente non ne ho, sono come miei figli. 


Si può dire che tu scrivi un romanzo all’anno. Cosa è che più ti affatica nel realizzare un’opera? 

Finora un romanzo all’anno, sì, e proprio come se fossero figli… Ciò che più mi coinvolge è il documentarmi. La Fact-Finding Writing è un padrone dispotico e borioso, esige accuratezza.  


Filosofia e fame di conoscenza: quanto c’è nei tuoi romanzi? 

Sia l'una che l'altra, oltre a una ricerca sulla parola. 


C’è uno scrittore verso cui ti senti debitore? 

Non mi sento in debito con nessuno. Fra l’altro, il mio stile è personalissimo e cerco di avvicinare il linguaggio letterario al linguaggio cinematografico. Amo comunque molti scrittori. Per nominarne soltanto tre, per me i più rappresentativi: Marcel Proust, Dashiell Hammett, Michael Crichton, molto diversi stilisticamente e per le storie che hanno offerto.  


Come nascono le tue storie? 

Sempre dal bisogno di narrare una storia presente in me. Assimilo la produzione letteraria alla scultura: il materiale è presente nell’essere dell’autore, si tratta di dargli una forma. 


Quanto del tuo tempo è dedicato alla scrittura? 

Mediamente, circa quattro ore al giorno, festivi compresi. 


Hai dei riti e dei bisogni particolari quando scrivi? 

No. Soltanto, devo essere il più possibile libero da altri pensieri. 


Hai accennato la Fact-Finding Writing, ti andrebbe di spiegare cosa è? 

Devo, perché è qualcosa di nuovo nel panorama letterario non soltanto italiano. Fact-Finding Writing = scrittura conoscitiva o scrivere per conoscere. Tutti noi vogliamo sapere perché siamo qui. Sappiamo che non ci riusciremo mai, eppure speriamo sempre di riuscirci, o di acquisire ulteriore conoscenza. Si pensava di pervenire a qualcosa con la filosofia stretta (morta con Heidegger), con la scienza (già Galileo diceva che la scienza è una lavagna che si scrive alla sera e che si cancella alla mattina e fra cinquanta anni la relatività ristretta e generale, anche la meccanica quantistica saranno almeno in parte confutate). Memore di Edgar Alla Poe e del suo Eureka (e di altri), ho fondato la corrente letteraria Fact-Finding Writing proprio per questo. A mio avviso, si deve intendere l'essere umano in sintonia con l'intero universo e siccome ciò che ci contraddistingue dal gatto o dal dispositivo artificiale è (stata dall'inizio) la parola, la scrittura può essere un mezzo per comprendere (la scrittura comporta “necessariamente” anche un lettore e un rapporto dinamico lettore-scrittore). Sono convinto che, più che la semplice parola verbale, ciò che ci ha permesso di evolverci è la parola scritta, a partire dai primi ideogrammi, cunei, pittogrammi. Dalla introduzione a Il Signore della pioggia, redatta da Margherita Ganeri, docente di letteratura italiana contemporanea all'Università della Calabria: “Con Fact-Finding Writing allude a un tipo di scrittura di ricerca tendente a porsi come forma di conoscenza pari o forse superiore rispetto ai paradigmi del saggismo filosofico, storiografico o scientifico. La letteratura è sede privilegiata di un’indagine sui significati profondi, ontologici e metafisici, perché ambisce a scoprire una nuova realtà fattuale, smentendo o mettendo in discussione quelle acclarate nella doxa, senza tuttavia presumere di poter mai giungere a risposte incontrovertibili o esaustive.” Analogamente allo scrittore che scrive per riportare in forma più o meno bella eventi reali (penso più a Capote), al manierista che scrive best-seller, a chi scrive per versare sulle pagine (digitali o cartacei) i propri sentimenti o libera la propria fantasia per una produzione che si conclude in se stessa, ecc., io scrivo con l'intento di cercare di conoscere. Anche con trasporto di scienziato, per offrire agli altri qualcosa di assimilabile a un antibiotico per lo spirito, che da qualche parte, ora non so dove, dovrà pur esserci. Nella Fact-Finding Writing c'è anche un ribaltamento di alcuni canoni letterari che affermano “lo stile è tutto”. Io invece privilegio innanzitutto la storia e “visto” che siamo nell'epoca delle immagini, il mio stile, en passant, tiene d'occhio anche il terzo occhio (il cinema, più che il teatro). 


Stai già meditando il prossimo romanzo? 

Sto scrivendo il settimo. 


Bene, non ti chiedo altro e ti saluto lasciandoti alle prese con la mia solita domanda telepatica, ormai un must delle mie interviste, naturalmente vedi tu cosa vuoi rispondere. 

Grazie

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