lunedì 24 maggio 2010

Solo con i miei gatti e Toto


Inserire libri nella mensola di aNobii mi ha rimesso tra le mani “Viaggio al termine della notte” di Celine. Un romanzo letto molti anni fa, ma che tuttora non mi è uscito dalla testa. Lo considero un capolavoro assoluto, almeno per quanto riguarda i contenuti, e rammendo che hai tempi della prima lettura mi aveva letteralmente sconvolto e piegato in due. Per mesi non ero più riuscito a leggere nulla e mi aveva creato seri dubbi riguardo a ciò che scrivevo. 

I motivi? Forse la miseria materiale e psicologica dei personaggi di Celine. Non a caso l’autore aveva sempre frequentato poveracci e amava raccontare la vita dei perdenti e dei falliti. Nulla di eroico e nulla di romantico però. Anzi, i suoi personaggi erano descritti con cinismo, con cattiveria e senza tanta pietà. Certo questo può essere spiegato dal fatto che i poveracci e i derelitti erano il suo pane visto che sin da piccolo, nel suo quartiere, li aveva indagati e studiati come se fossero una metastasi racchiusa in una società troppo indaffarata a produrre e a credere nel progresso tecnico. Ma basta il vissuto per creare un libro in grado di sconvolgere chi legge?

In ogni caso Ferdinand Celine, per me, è stato un grande scrittore.
Un grande scrittore e poi un medico, un viaggiatore, un uomo avaro e permaloso, uno xenofobo, un antisemita, un esule, per qualcuno anche un parassita, ma pure una persona tenera con i bambini e con gli animali. Un artista, forse, non colpevole sino in fondo della leggenda nera che gli è stata creata addosso.

Ma è così, e gli ultimi anni di vita li ha vissuti da solo.

Già! Con pochi soldi di rendita, ha trascorso gli ultimi anni di vita in una vecchia casa stracolma di libri e cianfrusaglie e lì, in quella casa, lavorava tutto il giorno sopra una scrivania piena di fogli, pile di manoscritti, matite, penne e avanzi della cena. Girava nello studio, più simile a un solaio o a una cantina, con un foulard attorno al collo, con indosso un paio di vecchi pantaloni tenuti su da una corda, maglioni consunti, peggio di un barbone. Scriveva e imprecava, imprecava e scriveva, con la sua solita rabbia, seguendo la sua genialità. Scriveva tutto il giorno, ignorato dai più, e nelle rare soste giocava con i gatti che riempivano la casa, ma soprattutto… soprattutto parlava con il suo pappagallo Toto.

2 commenti:

  1. Non ho ancora letto Celine, e non so se riuscirò mai decidermi. Il blocco è ovviamente la sua persona, non discuto delle capacità letterarie, diciamo che lo boicotto volentieri.

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